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Home » Cultura » La guerra di mafia nell’agrigentino: la storia della Stidda raccontata da Carmelo Sardo

La guerra di mafia nell’agrigentino: la storia della Stidda raccontata da Carmelo Sardo

Lorenzo Rosso Di Lorenzo Rosso
2 Novembre 2023
in Cultura
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Racconta il giornalista agrigentino Carmelo Sardo, volto noto del Tg5, nel suo libro “Li chiamavano Stiddari”, che quando andò in carcere ad intervistare quello che si ritiene il fondatore della Stidda, il palmese Giuseppe Croce Benvenuto, feroce killer divenuto dopo l’arresto nel 1993, un importante collaboratore di giustizia, alla domanda se era vero che fosse il capo della Stidda, lui rispose: “La Stidda non esiste… l’avete inventata voi giornalisti. Noi eravamo solo un’organizzazione di amici che …”
Il volume di Carmelo Sardo, che fa parte di una Collana editoriale sulla storia della mafia, in uscita in edicola come supplemento dei quotidiani del Gruppo “Rcs Corriere della Sera” e “Gazzetta dello sport”, ripercorre soprattutto quella guerra che per un decennio insanguinò soprattutto la provincia di Agrigento,
Tra il 1983 e il 1993 si scatenò infatti una guerra senza esclusione di colpi all’interno delle vecchie famiglie mafiose che fece migliaia di morti in diverse provincie siciliane, soprattutto nell’agrigentino. In particolare proprio nell’agrigentino si era fatto largo un gruppo di picciotti, di “cani sciolti” senza arte nè parte – come scrive il giornalista Carmelo Sardo – che dalle rapine e i furti, era passato agli omicidi; un gruppo inizialmente utilizzato come manovalanza dai boss vecchio stampo mafioso, per rispondere, colpo su colpo alla guerra di mafia interna soprattutto all’offensiva che era stata scatenata dai corleonesi di Riina e Provenzano.
Li chiamavano “stiddari” con un termine dialettale che veniva da molto lontano (nel dialetto di un tempo lo “stiddarolo” era un “puvirazzo”). Il primo a parlare dell’esistenza degli stiddari nel 1987 durante un interrogatorio davanti al giudice Giovanni Falcone, fu il collaboratore di giustizia catanese Antonino Calderone. In sostanza fu poi il giornalista de “La Stampa”, Francesco Lalicata, in un articolo sulla guerra di mafia, a parlare giornalisticamente per primo della Stidda.
In trenta capitoli il libro, partendo dalla cosiddetta Fratellanza arriva agli “Stiddati”, passando per l’avvento dei Corleonesi, poi le figure dei boss Peppino Settecasi e di Carmelo Colletti fino alla faida di Santa Elisabetta. Tra i posati e le faide, si snoda il racconto di Carmelo Sardo fino al tempo dei cani sciolti e ai “terribili fratelli” Ribisi di Palma di Montechiaro. Poi i delitti eccellenti, da quello del giudice Antonino Saetta a quello di quel magistrato irreprensibile poi diventata beato che era Rosario Livatino, primo giudice ad essere ammazzato in provincia di Agrigento nell’estate infuocata del 1990. E nel libro non poteva mancare neppure un capitolo dedicato al super testimone di quest’ultimo delitto, Pietro Ivano Nava che con le sue dichiarazioni permise l’arresto dei killer del magistrato. Infine gli anni dei pentimenti e la caccia agli ultimi stiddari.
“Lo confesso – disse un altro stiddaro, Giuseppe Grassonelli di Porto Empedocle, a conferma della tesi di Giuseppe Croce Benvenuto – sono stato uno dei fondatori di un gruppo criminale denominato “Stidda”, un termine coniato dai giornalisti, che io e quelli del gruppo adottammo, Noi non avevano radici – precisò Grassonelli – e l’unico collante che ci teneva uniti era la contrapposizione a Cosa Nostra”.
Il libro, dal costo di sei euro oltre il prezzo del quotidiano, si può acquistare anche su tutte le piattaforme di vendita on line.

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