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Home » L’angolo di don Diego » Arcidiocesi di Agrigento: Ritiro del Clero

Arcidiocesi di Agrigento: Ritiro del Clero

Redazione Di Diego ACQUISTO
23 Marzo 2021
in L’angolo di don Diego
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A margine del ritiro spirituale predicato ieri dal Padre domenicano Fra Rosario Pistone sul celibato presbiterale. Un tema impegnativo trattato non solo con competenza  e solidità di dottrina  teologico-pastorale, ma anche con moderna sensibilità e grande apertura mentale. Un’apertura mentale diremmo oggi “alla Papa Francesco”, che ha richiamato alla mente in qualcuno dei presenti l’invito papale a  non interpretare  il compito affidato da Cristo alla Chiesa di  conservazione della Parola come “mummificazione”. Perché la Parola  invece mantiene sempre un dinamismo particolare per cui è sempre pronta a dare riposta all’uomo di ogni tempo.

Per dirlo in estrema sintesi, il celibato va visto e soprattutto vissuto solo nella logica del dono di sé e non vissuto come legge. Ci sembra questo, in estrema sintesi, il senso profondo della meditazione, dotta ed argomentata, con dovizia di citazioni scritturiste  che è impossibile riferire in questo nostro servizio giornalistico: Una meditazione  dettata a tutti i Presbiteri della Chiesa Agrigentina dal Padre domenicano Fra Rosario Pistone, studioso e docente di Sacre Scritture, con particolare riferimento al Nuovo Testamento.

 Un ritiro spirituale per tutti i presbiteri agrigentini, comunitariamente riuniti  nella sede dei nove vicariati, ieri  collegati in via telematica, che hanno visto quindi presbiteri e diaconi agrigentini riuniti a gruppi.

Tema di riflessione, il Celibato sacerdotale visto  prioritariamente ed anzitutto come  dono e non nella sua funzionalità pratica, di maggiore libertà e tempo libero da  dedicare a Dio. Perciò, un   dono vero e gratuito che viene anzitutto dall’alto; un dono che rende  liberi e poveri, ma che non impoverisce se vissuto davvero come dono e non come legge.

Perché vissuto come legge ci costringe a prendere atto, – così come la cronaca quotidianamente riferisce – di non pochi fallimenti, “un giorno sì e l’altro pure”.

Come legge insomma si tocca con mano l’esperienza concreta di quanto sia umanamente  difficile osservarlo e viverlo.

Un problema che si trova già nel Vangelo come anche nelle lettere di S. Paolo, a cui  Fra Rosario, con tocco di esperto e di studioso,  ha fatto costantemente riferimento per rispondere agli interrogativi che oggi si pongono, e conoscere meglio quello che Dio ha  in mente per gli uomini anche di oggi.

E che  pure la Chiesa di rito latino (che raccoglie una lunga tradizionee che  pure perciò, anche davanti alle numerose debolezze non pensa di cambiare), forte della Parola di Gesù che ha esaltato il celibato vissuto come dono, quando ha espressamente parlato degli “eunuchi per il Regno di Dio”; di quelli che cioè liberamente per il Regno  accolgono e vivono questo dono  che viene dall’alto.

Interessante in questo senso la rilettura che il frate domenicano ha fatto del capitolo 19 del Vangelo di Matteo, quando Gesù esaltando la dignità del matrimonio, che riporta all’all’antico splendore della pari dignità dell’uomo e della donna che nel matrimonio diventano “una sola carne”, che l’uomo non può separare perché unita da Dio, gli apostoli, quasi sorpresi e addirittura scandalizzati osservano che  “ se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna , non conviene sposarsi”.

E Gesù, di contro,  rimarcando il suo pensiero dice “non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso”.  E quindi elencando i diversi tipi di eunuchi, aggiunge che “vi sono eunuchi che si sono fatti eunuchi per il Regno di cieli”. Aggiungendo subito: “chi può capire capisca”.

E quindi, dono che viene dall’alto, di una paternità non fisica ma spirituale, tuttavia largamente feconda, anzi ancora più feconda della prima, che bisogna vivere come dono e che devono sommamente curare, anche con tutto l’aiuto che può venire dalle moderne scienze di carattere psicologico, per quanti sono preposti al discernimento della vocazione al ministero sacro. Fermo restando cheil Magistero della la Chiesa nulla ha da condannare per quella tradizione che, unitamente al sacerdozio celibatario come dono, continua a  conferire la sacra ordinazione  ad uomini che già uniti ad una donna col sacramento del matrimonio.

Diego ACQUISTO

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