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Home » Favara » Sull’incendio del barcone di Favara

Sull’incendio del barcone di Favara

Redazione Di Diego Acquisto
23 Agosto 2020
in Favara, L’angolo di don Diego
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Apprendo in questo momento da questa nostra testata anzitutto e poi anche dai social dell’incendio che si dice “sicuramente doloso” dell’imbarcazione collocata nel piazzale davanti il Convento dei PP. Francescani di Favara.

Imbarcazione, simbolo dell’accoglienza e della fraternità. Con  questo barcone infatti, chiamato “El Peskador” pare proprio che siano arrivati soprattutto a Lampedusa  o comunque su altre coste siciliane, molti disperati,  specie nel periodo successivo alla storica  grande tragedia del 2013.

Una tragedia – ricordiamo –   che attirò anche l’attenzione generale e quella  preoccupata di Papa Francesco eletto appena da qualche mese, al punto da determinare la sua prima uscita fuori Roma, proprio a Lampedusa,  da dove lanciò il suo famoso appello contro il pericolo della globalizzazione dell’indifferenza.

 

Intanto tanti i migranti arrivati tramite  “El Peshador” al punto che  nel 2015 Fra’ Giuseppe Maggiore ofm, allora superiore del Convento, decise di  poterla avere, si adoperò presso le competenti autorità in tal senso, ergendo il barcone  a simbolo universale  di fraternità, contro ogni forma di intolleranza e di razzismo, con palpabile consenso della Comunità Ecclesiale Agrigentina e favarese in particolare.

 

Sappiamo come sono andate successivamente le cose:  il viaggio del Papa a Lampedusa nel luglio 2013, la nomina successiva  del nostro don Franco Montenegro a Cardinale, come segno di somma attenzione del Papa per le periferie, mentre dopo,  anche L’Osservatore Romano plaudiva all’iniziativa di Fra Giuseppe a Favara ed il barcone posteggiato, in bella evidenza con la scritta “Ero forestiero e mi avete ospitato”,  diventava oltre che un simbolo, anche un richiamo concreto,  vivo e palpitante alla logica evangelica.

Tutto un contesto che avrebbe richiesto anche particolari cure ed attenzione da tutti i punti di vista, compreso quello igienico e della manutenzione.

Ma così non  è stato ed  il barcone-simbolo, via via è stato sempre più trascurato, diventando ripostiglio di insetti e  di ogni forma di sporcizia e luridume, da scoraggiare man mano prudentemente  chiunque ad avvicinarsi, ed anzi  a mantenersi a debita distanza.

Con le conseguenze – c’è da pensare –  che sono quelle di oggi, per cui più che a pensieri inutili, di razzismo, intolleranza e quant’altro,  forse, c’è – a mio giudizio – da correggere con umiltà e rispetto della Verità il  tiro,  e fare un “mea culpa” per la situazione generale e del barcone in particolare.

Condivisibili le interpretazioni della Sindaca Anna Alba e dell’on. Giovanni Di Caro, in questo caso sostanzialmente sulla stessa lunghezza d’onda, anche se nessuno dei due accenna alla grande trascuratezza che a anche a questo simbolo è stata regolarmente riservata. Specie, ma non solo, in questo tempo di pandemia, in cui le difficoltà di ogni tipo si fanno sentire soprattutto nei luoghi dove il tessuto sociale è da tempo socialmente molto provato.

Per concludere quindi,  ragionevolmente, si potrebbe trattare solo di un atto vandalico, comunque deplorevole;  però  molto probabilmente mirato unicamente a fare riflettere sulla situazione igienico-sanitaria-sociale di Favara.

Diego Acquisto

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