“L’abitazione del giudice, in viale Regina Margherita 166 a Canicatti’ – si legge in una nota -, e’ stata ereditata alla morte del padre di Livatino dalla signora che lo ha assistito. E malgrado nei primi anni siano state autorizzate le visite, da 4 anni la nuova proprietaria ha chiuso le porte ai visitatori.
Nel frattempo pero’, nel 2015, la Regione ha imposto il vincolo di interesse culturale (come era accaduto anche al casolare di Cinisi) e questo puo’ essere il presupposto per un eventuale esproprio. Non a caso la nuova proprietaria si e’ opposta: il Tar ha rigettato il ricorso e il Cga si pronuncera’ entro fine anno”.
“Polemiche a parte – prosegue la nota -, resta l’opportunita’ non colta di una casa che anche per l’assessorato ai Beni Culturali mantiene intatto lo spirito che ha contraddistinto Livatino: ‘La dimora, con i suoi ricordi, scritti autografi, foto ed effetti personali, preservata nella sua immobile integrita’ dai genitori, custodi ed artefici degli insegnamenti che costituiscono i capisaldi della figura umana ed istituzionale dell’ uomo Livatino, rappresenta la memoria storica su cui incentrare l’ azione di sensibilizzazione’.
E’ una costruzione ottocentesca. E all’interno il papa’ e la mamma del giudice ucciso decisero di non cambiare nulla, quasi bloccando il tempo dopo quei colpi di pistola sulla statale Agrigento-Caltanissetta”. Le associazioni hanno anche avviato una petizione perche’ la casa diventi pubblica. (ITALPRESS).
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