I carabinieri della Compagnia di Canicattì hanno arrestato un quarantenne, pluripregiudicato di Santa Elisabetta, ritenuto responsabile di violenza sessuale su minore, maltrattamenti in famiglia, e lesioni. La cattura dell’uomo dopo una accurata indagine. I particolari della vicenda sono stati resi noti nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta presso la sede del Comando provinciale Carabinieri di Agrigento, alla presenza del capitano Luigi Pacifico (VIDEO), comandante della Compagnia di Canicattì, che ha coordinato la delicata indagine.
Le indagini sono iniziate alla metà di agosto, quando un’adolescente (minore degli anni 16) di Santa Elisabetta ha chiesto aiuto ai carabinieri, accennando i gravissimi comportamenti del patrigno, solito rivolgerle delle attenzioni proibite. Un racconto iniziale che ha immediatamente allertato la Procura della Repubblica di Agrigento, impegnata con i carabinieri in un codice rosso, che ha richiesto l’approfondimento del riservatissimo contesto sabettese, e del chiuso delle sue famiglie.
Qui gli inquirenti hanno documentato la sottomissione subita dalla giovanissima vittima, prima oggetto di attenzioni particolari – iniziate quando ella aveva solo 10 anni – e poi, in una escalation tesa a vincerne la resistenza, assaltata in assenza dei familiari conviventi e sottoposta a violenti atti sessuali. Altrettanto gravi le annotazioni riguardo i maltrattamenti patiti dal fratello minorenne della ragazzina, picchiato dal patrigno da quando aveva 8 anni e sottomesso al punto di credere di meritare le punizioni fisiche, inflittegli “…quando faccio cavolate ma per me questo non è normale…”, raccontate agli inquirenti come l’espressione di una violenza “…forte anche se non in maniera esagerata…”.
È comune nel racconto delle due vittime la presenza della “sucalora”, termine dialettale usato per indicare il tubo di gomma brandito dal patrigno per picchiarle. Una prigione domestica fisica e psicologica, costruita dall’indagato con l’imposizione del silenzio sulle sue condotte e con una serie di vessazioni quali il divieto per le giovanissime vittime di frequentare i coetanei, i lunghi periodi di punizione trascorsi chiusi in casa e, per la ragazzina, il divieto di indossare la minigonna e di truccarsi. L’indagato è stato rinchiuso nel carcere di Agrigento.
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