Nelle sale questo weekend è arrivato il nuovo film di Steven Spielberg, The post, che racconta con un crescendo di tensione la storia dell’editrice del giornale americano Washington Post, Katharine Graham e del direttore Ben Bradlee che presero la decisione di pubblicare i pentagon papers, degli importantissimi documenti segreti che nascondevano decenni di bugie governative sulla guerra in Vietnam. I documenti rivelarono delle agghiaccianti verità su quella guerra, che fino ad allora erano stati ben nascosti per evitare lo scandalo.
Steven Spielberg ha realizzato un film interessante, che al contempo è politico e civile, e che ricorda le censure di ieri per fare riflettere su quelle di oggi. Il film rientra in quella stessa categoria di cui fa parte Il caso Spotlight, vincitore di due statuette Oscar nel 2016; non è un caso infatti, che anche The post sia candidato alla notte degli Oscar con due nomination: per la categoria film e la categoria migliore attrice.
The Post è ambientato negli anni Settanta. Quando nel 1971 il New York Times aveva pubblicato per la prima volta quei documenti, era stato bloccato subito dal governo Nixon. Eppure le verità su quel caso erano troppo scottanti per essere tenute nascoste, così ad occuparsene sono l’editrice e il direttore di Washington Post.
Il film sembra essere un viaggio nel tempo fatto di rotative, inchiostro e carta, ma è un viaggio che mette in evidenza come anche in uno Stato moderno e civile quale gli Stati Uniti dove i diritti dell’uomo vengono molto tutelati, spesso sono calpestati da chi per primo dovrebbe rispettarli e farli rispettare da tutti, senza alcuna distinzione. È così che The post diventa un film di grande attualità, che fa riflettere sulla misura in cui gli stati moderni apparentemente tutelino e rispettino quella libertà di pensiero e di stampa di cui si parla nelle loro costituzioni.
In the Post, bravissimi sono Meryl Streep e Tom Hanks. Lei è una donna sola e coraggiosa in un mondo di soli uomini e nonostante tutto decide di mettere in gioco se stessa e tutto quello che ha. È anche disposta ad andare in carcere insieme al suo direttore, pur di fare emergere la verità. Del resto questo è il lavoro del vero giornalista.