L’antico teatro greco rischia di essere soffocato da un progetto controverso che suscita indignazione tra gli esperti.
La questione del teatro greco di Eraclea Minoa cattura l’attenzione del Corriere della Sera. Il quotidiano dedica una pagina con un articolo a firma di Gian Antonio Stella: “Lasciatelo morire in pace, l’antico e struggente teatro greco di Eraclea Minoa. Lasciate che la sua pietra troppo tenera si sciolga all’acqua, al vento, al sole piuttosto che infliggergli, dopo tre catastrofiche operazioni di salvaguardia in mezzo secolo, un nuovo intervento ancora più invasivo: la costruzione avveniristica d’una gigantesca astronave che dovrebbe coprire e avvolgere ciò che resta delle gradinate divorate dall’incuria per farne, spiega il folle blabla del marketing, ‘un teatro moderno con soluzioni tecniche innovative ed espressioni di una perfetta simbiosi tra efficienza e stile’.”
Ma se lo meritava, quel gioiello architettonico strepitoso del IV secolo avanti Cristo che si spalanca sul mare di Sicilia tra Sciacca e Porto Empedocle ed è sventolato come un “tesoro mondiale”, un concorso internazionale d’idee come quello bandito dal Parco di Agrigento dove non c’era un solo commissario berlinese o parigino, londinese o newyorkese, ma tutti e cinque scelti nella beddissima Girgenti e dintorni, senza manco il tocco esotico d’un bresciano o un reatino?
Possibile che fra di loro, per valutare un progetto di 3 milioni e mezzo più Iva in un sito archeologico, non ci fosse un archeologo?
Che il bellissimo teatro individuato da Antonino Salinas nel 1907 fosse a rischio lo scriveva già nell’aprile 1959, su “Le vie d’Italia”, l’archeologo Pietro Griffo, spiegando che era “aperto a mezzogiorno in una splendida posizione panoramica verso l’ampia distesa del mare”, in parte “ricavato dalla roccia della collina” e per il resto “costruito in conci di bianca marna arenacea, la cui estrema fragilità desta molte ansie per la loro conservazione”.
Una diagnosi oggi confermata da un recente studio degli scienziati del marmo Lorenzo Lazzarini e Francesco Mannuccia, che concordano però nel confermare il peggioramento del quadro già disastroso denunciato sul “Diario” dell’aprile 1980 dall’architetto e restauratore Francesco Tomaselli. Tomaselli raccontava di come il teatro fosse stato rovinato da interventi inadeguati, tra cui l’utilizzo di perspex per proteggere i gradini, che finì per accelerare la loro distruzione.
Gli errori del passato sono stati gravi, con materiali e tecniche che si sono rivelati inadatti, portando a un degrado ulteriore della struttura. Negli anni Novanta, la decisione di costruire una tettoia provvisoria dall’aria vagamente spaziale non ha risolto i problemi e ha contribuito al degrado del teatro.
Oggi, la proposta di coprire il teatro con una “astronave” di metallo ha sollevato indignazione tra gli esperti. La scelta di un progetto così invasivo, contravvenendo alle direttive del concorso che richiedevano un impatto minimo, è stata accolta con critiche feroci. “È un progetto offensivo. Verso il teatro, l’archeologia, la cultura”, ha dichiarato Salvatore Settis, sottolineando che in qualsiasi altro Paese sarebbe stato scartato immediatamente.
Il dibattito continua, ma una cosa è certa: il teatro greco di Eraclea Minoa merita una soluzione rispettosa della sua storia e della sua fragilità, che ne garantisca la tutela senza stravolgerne l’essenza. Leggi anche: Eraclea Minoa, dal palco greco al palco verde: la trasformazione che ha fatto impazzire il vento e la pioggia!








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