LICATA. La struttura sembra essere quella di un’abside. Narrano le fonti che sull’isola di San Nicola a Licata esisteva una Chiesa denominata “Ecclesia Sancti Nicolai de Insula” dedicata al Santo protettore di marinai, naviganti e ancore. Della Chiesa però non è mai stata ritrovata nessuna traccia e per questa ragione alcuni storici ne hanno addirittura negato l’esistenza.
I fondali attorno l’isolotto di San Nicola erano già stati oggetto di scavi negli anni ’80 da parte della Soprintendenza di Agrigento che recuperò importanti reperti archeologici e redasse una pianta del sito.
Dopo 30 anni le ricerche sono riprese su iniziativa del Gruppo Archeologico Finziade di Licata, con la direzione scientifica della Soprintendenza del Mare, facendo emergere interessanti dati archeologici che hanno consentito una più ampia comprensione del contesto in questione durante l’epoca medievale. Le varie campagne di scavo hanno permesso di individuare la presenza di numerose ancore di differenti epoche tutte orientate verso l’isolotto, a testimonianza di un attracco delle imbarcazioni antiche all’isola e dell’utilizzo della stessa come luogo di approdo costiero, forse un refugium. Il dato più interessante comunque viene dalla sommità dello scoglio di San Nicola: seguendo le ancore, spiega Fabio Amato (responsabile degli scavi per il Gruppo Archeologico Finziade), siamo giunti sull’isolotto dove, grazie all’ausilio di un drone e all’esecuzione di ricognizioni di superficie condotte nel 2014, è stato possibile individuare, tra la vegetazione spontanea, una costruzione absidata inglobata all’interno di un grande complesso architettonico, composto da ambienti e cisterne per la raccolta delle acquee meteoriche. Le immagini aeree inoltre hanno evidenziato in modo chiaro e ineluttabile la presenza di una banchina scolpita nella roccia, oggi sommersa e ricoperta dalla vegetazione marina. L’interesse che il sito sta suscitando è uno dei motivi principali che spingerà a dirottare da qui ai prossimi anni le ricerche che il gruppo archeologico Finziade e la Soprintendenza del Mare svolgono. La speranza è quella di riuscire a trovare dati ancora più confortanti che permettano, con estrema esattezza, di ricostruire la cronologia di vita di questa porzione di territorio e quella di avviare dei percorsi di valorizzazione dei resti archeologici individuati, rispolverando il progetto di costituzione di un area marina protetta inseguito da diversi anni da molte associazioni operanti a Licata.
Il mare a Licata ha restituito molti reperti archeologici. Diverse campagne di ricerca nel mare di Licata hanno portato al ritrovamento di tantissimo materiale di grande rilevanza, oggi custodito nel museo allestito nei locali del Chiostro Sant’Angelo. Le ricerche subacquee del gruppo archeologico Finziade (ormai attive dal 2013) e supervisionate dalla Soprintendenza del mare stanno provando a ricostruire la storia di una comunità molto florida fin dalla preistoria, passando per la Grecia coloniale, per Roma e arrivando fino al medioevo stesso. L’attento e preciso lavoro dei volontari del Gruppo Archeologico, guidati saggiamente nelle delicate operazioni dalla Soprintendenza del mare e dalla Guardia di finanza, ha permesso di riportare alla luce e rendere alla comunità due bellissime ancore intatte provenienti da epoche che furono: un’ancora romana e un’ancora bizantina. L’ancora romana (in ferro e di due metri di lunghezza) presenta la classica forma a “freccia” tipica del periodo romano-imperiale Le marre hanno una larghezza di 1,20 m circa e risultano in buono stato di conservazione. L’ancora bizantina (anch’essa in ferro) ha la classica forma a T e risulta in buono stato di conservazione. Tutto questo ed altro ancora sarà quindi maggiormente fruibile dopo i lavori di restauro del chiostro che ospita il museo.