“La ricerca e l’uso di pozzi esistenti ma abbandonati, insabbiati o guasti è la strada più efficace per fornire più acqua in tempi rapidi, uno, due mesi, per fronteggiare l’emergenza idrica”, ha ribadito ancora una volta il dirigente generale del dipartimento regionale della Protezione civile, Salvo Cocina. Tuttavia, Cocina insiste su soluzioni risalenti a cinquant’anni fa. In Sicilia, sebbene siamo capaci di allestire mega centri per migranti in poche settimane, non riusciamo a recuperare impianti essenziali come il dissalatore di Porto Empedocle, che rappresenta l’unica soluzione immediata e adeguata. Concentrando tutte le risorse economiche disponibili su questo impianto, si potrebbe ottenere un recupero definitivo.
Cocina ha invitato nuovamente i sindaci che non hanno ancora preso provvedimenti a esercitare tutti i poteri di prima autorità di Protezione civile, individuando e, se necessario, requisendo pozzi utili per garantire un’autonomia idrica sufficiente e ridurre la dipendenza da Siciliacque. Ha sottolineato che “è inutile e sterile demandare ad altri”, in particolare a enti come Ati e Aica, che avrebbero dovuto gestire la situazione in via ordinaria ma ora non riescono più da soli a mitigare l’emergenza. “Ricordo – ha concluso Cocina – che i comuni sono i soci, padroni di Ati e Aica”.
La Protezione civile, su indicazione del presidente della Regione Renato Schifani, garantisce le risorse finanziarie necessarie e il coordinamento degli interventi, assicurando corsie preferenziali in emergenza per ottenere le autorizzazioni grazie alla pronta disponibilità del Genio civile, dell’Asp, dell’Enel e di altri enti coinvolti.
Nel frattempo, il guasto al pozzo di Favara di Burgio, in provincia di Agrigento, è stato riparato in sole 24 ore invece dei tre giorni previsti, limitando così i disagi per le popolazioni dei comuni costieri serviti dall’impianto, che ha la capacità di produrre 50 litri al secondo d’acqua a regime.
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