Per 120 addio alla casa, per sempre. Sono gli abitanti delle case distrutte dall’esplosione. Dalle relazioni della Protezione civile e del Comune emerge anche che scuola e biblioteca devono essere ristrutturate.
Servono 15 milioni per la ricostruzione dopo l’esplosione dello scorso 11 dicembre a Ravanusa, costata la vita a 9 persone, 10 con il piccolo Samuele pronto a nascere da mamma Selene. Edifici andati completamente persi, totalmente inagibili che dovranno essere abbattuti, ma altri che potranno essere recuperati con la manutenzione. Possibile che gli sfollati non potranno più tornare nelle loro case, in quel quartiere, e quindi si dovranno spostare in un’altra zona del paese. In 120 sono rimasti senza casa.
AgrigentoOggi aveva anticipato con l’intervista al geologo Salvatore Talmi, Consigliere dell’Ordine Regionale dei Geologi di Sicilia, che quel tragico evento, oltre a gettare nello sconforto l’intera comunità, ha evidenziato fragilità e criticità pregresse del territorio. Dopo la tragica notizia dell’esplosione si è iniziato a parlare di fragilità dei luoghi. Sotto accusa il sottosuolo e la cura di cui esso necessita. “Litologicamente – ha sottolineato Talmi – il centro urbano di Ravanusa è costituito da terreni rigidi, in lento movimento, poggianti sulle argille tortoniane, plastiche e di età più antica. Mi preme fare un accorato appello alle istituzioni al fine di stanziare fondi per la prevenzione ed il contrasto al dissesto idrogeologico sicuramente incrementato dalle conseguenze del cambiamento climatico che oggi sono sotto gli occhi di tutti.” I monitoraggi effettuati qualche anno fa avevano già evidenziato il problema sulla carta morfologica.
“Mi viene da dire – ha spiegato il geologo – che esiste un problema di fondo. Gli antichi costruivano in zone molto più tranquille delle nostre. A riprova di quanto, dico che le loro costruzioni sono arrivati a noi dopo 2000 anni e anche di più. Il forte incremento delle aree urbanizzate, verificatosi a partire dal secondo dopoguerra, spesso in assenza di una corretta pianificazione territoriale, ha portato ad un considerevole aumento degli elementi esposti a frane ed alluvioni e quindi del rischio. L’abbandono delle aree rurali montane e collinari ha inoltre determinato un mancato presidio e manutenzione del territorio.”
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