AGRIGENTO. Costretti a stare a casa per la quarantena, “sommersi” dalla spazzatura. E’ la protesta di alcuni nuclei familiari di Ravanusa, Campobello di Licata e Canicattì, che al loro interno hanno soggetti risultati positivi al tampone molecolare per il Coronavirus, che lamentano ritardi inaccettabili nel conferimento della spazzatura.
Come è noto, quando si registrano questi casi, gli utenti devono immediatamente sospendere la raccolta differenziata ed ammassare i rifiuti in dei sacchetti forniti dall’Asp. Poi sarà cura della stessa azienda sanitaria inviare una ditta specializzata per il ritiro. Il problema è che c’è solo una ditta (di Carini nel Palermitano) che si occupa del servizio di raccolta dei rifiuti speciali prodotti dai nuclei familiari in isolamento Covid, per i 42 comuni agrigentini.
E con una situazione in continua crescita, dal punto di vista numerico, dei contagiati, il sistema è andato in tilt.
Questo alimenta lamentele legittime sui ritardi inaccettabili. C’è gente che ha la spazzatura a casa da 15 giorni.
“Sono in isolamento da 13 giorni – dice una donna di Canicattì che ha scaricato la sua rabbia sui social – e da allora non ho visto venire nessuno per il ritiro dei rifiuti. Oltre al danno anche la beffa”.
I sindaci, che sono il front office con i cittadini, hanno protestato contro l’Asp ed evidenziato la problematica al Prefetto, Maria Rita Cocciufa, durante un vertice per l’ordine e la sicurezza pubblica, convocato appositamente per discutere delle misure anticovid.
Il Prefetto ha chiesto all’Asp di organizzare meglio il servizio. E ne è venuta fuori la proposta di affidarlo ai Comuni. “Con quali soldi – chiosa l’assessore all’Ecologia di Canicattì, Umberto Palermo. Visti i numeri che si registrano in città il servizio costerebbe circa 30 mila euro al mese. E per noi non è una spesa sostenibile”.
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