Un film in pieno “Taviani style”, originale nelle particolari scelte di recitazione, con una struttura narrativa bizzarra la cui fruizione non è sicuramente canonica e può lasciare perplessi. E che sia “ancora” un film dei Fratelli Taviani non c’è dubbio, fin dalla dedica che Paolo fa al fratello Vittorio, padre della Regista Giovanna, scomparso nel 2018, per questo film che la Giuria Fipresci della Berlinale 2022 ha premiato con questa motivazione: “Guidato dallo spirito libero del genio di Pirandello, il regista mescola poesia, malinconia, ma anche ironia, fantasia e letizia per raccontarci i misteri della vita, della morte e della memoria”. Sulla figura di Pirandello e sulle sue opere il film è totalmente incentrato: sia nel primo episodio (il rocambolesco racconto, molto stiracchiato, del ritorno in Sicilia delle ceneri del Drammaturgo e la ritardata sepoltura in contrada Kaos), sia nella seconda parte del film (IL CHIODO) tratta dall’ultimo scritto dell’Autore agrigentino, sia nel titolo totalmente fuorviante “LEONORA ADDIO” perché di questa novella del 1910 non c’è alcuna traccia nel lungometraggio. Di certo il pubblico resta disorientato dal film inevitabilmente diseguale a causa del filo esile che lega le due parti per altro ulteriormente separate pure dalla scelta estetica del bianco/nero della prima traccia e dagli accesi colori della seconda. Il tema della morte e quello dell’addio, del ritorno a casa e dell’allontanarsi da essa come fecero gli emigranti siciliani, del doloroso ricordo (vedi le scene del protagonista de “IL CHIODO” che torna sulla sepoltura della ragazzina dai capelli rossi uccisa). Ma anche una veloce carrellata sulla storia italiana (il fascismo, la Resistenza, i viaggi su un treno a vapore) e un tributo al cinema italiano tramite le sequenze di film di Lizzani, Rossellini, Antonioni, Lattuada e degli stessi Taviani.
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