
LICATA. E’ in corso da ore una perquisizione della Guardia di finanza a bordo della nave “Sea Watch 3”, ancorata e sotto sequestro a Licata. L’equipaggio, da quanto si apprende, sta collaborando con le forze dell’ordine, ma una giornalista americana, iscritta come facente parte dell’equipaggio, si rifiuterebbe, in mancanza del suo avvocato newyorchese, di consegnare la telecamera con la quale ha filmato tutto. La Procura ha anche disposto – ma la giornalista non cede – di fare copia dei filmati e lasciarle gli originali.
Il legale del comandante della Sea Watch 3, l’avvocato Alessandro Gamberini, ha reso noto, all’uscita dal tribunale di Agrigento, che “la vicenda è filmata. C’erano sulla nave dei giornalisti del New York Times e un free lance tedesco che hanno documentato con foto e video le testimonianze dei migranti. Tutte queste cose verranno recuperate dalla Procura di Agrigento e daranno conferma delle cose che abbiamo detto. E’ una vicenda alla luce del sole, nulla da strumentalizzare”. “Non si comprende – ha aggiunto – come mai una nave che compie un’operazione di questo tipo possa essere trattata, dallo Stato italiano, come una nave offensiva quando entra nelle acque territoriali”
Le indagini sul caso SeaWatch sono ripartite al Palazzo di giustizia di Agrigento. Il comandante della nave Arturo Centore ha spiegato come e dove ha salvato i 65 migranti presi a bordo e la rotta seguita fino all’Italia al procuratore aggiunto Salvatore Vella che ha iscritto il suo nome sul registro degli indagati per favoreggiamento all’immigrazione clandestina, il titolo di reato classico di ogni sbarco, ma non per la violazione della direttiva Salvini, cioè l’articolo del codice della navigazione che impone l’obbedienza ad un ordine impartito da una nave militare, in questo caso la motovedetta della Guardia di finanza che al suo arrivo al limite delle acque territoriali italiane notificò al comandante della Sea Watch la diffida ad entrare.
L’interrogatorio di Arturo Centore è terminato nel tardo pomeriggio alla presenza dei suoi avvocati Alessandro Gamberini e Leonardo Marino: il comandante ha risposto a tutte le domande. Le indagini dei pm di Agrigento mirano, come sempre, anche all’individuazione di eventuali scafisti tra i 65 migranti a bordo. Accertamenti in particolare su due telefoni cellulari trovati ad uno degli immigrati. Uno sembra un satellitare e potrebbe essere quello fornito dai trafficanti per comunicare la posizione. Di solito questi telefoni vengono buttati via durante la traversata. Dal suo esame e dagli interrogatori degli altri migranti, tutti ospitati nell’hot spot di Lampedusa, potrebbero venire spunti interessanti. “Rifarei tutto quello che ho fatto, per salvare vite umane in mare rifarei tutto”, ha detto Arturo Centore, all’uscita dal palazzo di giustizia di Agrigento dove per oltre 6 ore è stato incalzato dalle domande dei Pm. Il comandante si è assunto la piena responsabilità delle scelte operate sulla rotta da seguire e ha presentato documenti di bordo relativi alle comunicazioni con le sale operative dei diversi Paesi interessati dal soccorso.