Pasqua, il messaggio di auguri del cardinale Montenegro: “Agrigento scuotiti! Alzati! Risorgi!” [VIDEO]

Nella sala Giovanni Paolo II del Palazzo Arcivescovile di Agrigento, il tradizionale scambio di auguri tra gli operatori della comunicazione e l’arcivescovo, card. Francesco Montenegro.
Come ormai da prassi consolidata, il messaggio di Pasqua del card. Montenegro è stato diffuso in diretta dal nostro quotidiano AgrigentoOggi.

La Pasqua non coinvolge solo Gesù, ma riguarda tutti noi. Lasciamoci alle spalle tutto ciò che sa di morte: egoismo, orgoglio, rancori, piccole violenze, falsità, sono solo zavorre che non ci permettono di camminare dritti e di andare avanti. Affidiamoci alla luce pasquale che esce dal sepolcro e sentiremo dentro di noi il cielo e il profumo della primavera.

Non intendo fare poesia, continua il cardinale Montenegro, ma non vi pare che un sorriso, uno sguardo benevolo, una stretta di mano, un aiuto in più non siano le stelle a cui attaccare l’aratro? Sono piccoli gesti, che ci fanno fare il passaggio dal buio alla luce. Abbiamo bisogno  di continuare il nostro cammino, e in questa Pasqua sto pensando ai tanti giovani che molto spesso vanno via, sono senza speranza, sono parcheggiati, e molte volte diventa anche una malattia, perchè manca la voglia di crearsi un futuro. A me fa paura l’idea di questi giovani che si allontanano, perchè questa Terra rimane sempre più povera, che non guarda avanti, e non si può vivere senza futuro, senza una stella che brilla. Agrigento, agrigentini, non rassegnatevi, se ognuno di noi fa la sua parte, qualche idea nuova ci sarà. Insieme inventiamo un’Agrigento, nuova, vera, bella, che ha le radici nella bellezza del passato, un luogo che guarda verso il mare quasi a dirci che c’è un mondo nuovo davanti a Noi”

Da piazza Pirandello le parole del Cardinale Montenegro per la processione del venerdì stanto:

“Agrigento scuotiti! Alzati! Risorgi!”. Su questa terra tanti falsi sguardi si poggiano, sguardi che illudono. Quante promesse abbiamo ascoltato di sviluppo umano, di salvaguardia e promozione del territorio, di correttezza e impegno per il bene comune… promesse che poi puntualmente vengono disattese e si risolvono in tanti, troppi casi, nella ricerca del profitto personale o di congreghe e clientele varie, nel malaffare dei mafiosi, negli intrallazzi della corruzione, nei cavilli procedurali di una lenta, lentissima e paralizzante burocrazia. Sono come le bolle di sapone, delicatamente colorate che, all’inizio creano curiosità e stupore, ma poi improvvisamente scoppiano e ti lasciano con niente in mano, come succede ai bambini che giocano. Ma questo è un gioco che gli adulti non si possono permettere! Tante promesse fatte e, intanto, nella nostra terra, i poveri diventano sempre più poveri; le famiglie perdono casa e lavoro; ai giovani si scippa speranza e futuro; nel Mediterraneo si continua a morire; le costruzioni si sgretolano e cadono a pezzi nei centri storici; le reti viarie, urbane ed extraurbane, diventano dei veri ‘colabrodo’; si sfilaccia sempre di più il tessuto sociale; il territorio si spopola, l’emorragia da emigrazione sembra inarrestabile: gli ultimi dati a mia conoscenza parlano di circa 155.000 emigranti di questa terra. La provincia di Agrigento è la seconda per residenti all’estero”. Ha tuonato così da Piazza Pirandello il cardinale Francesco Montenegro rivolgendosi ai tanti fedeli presenti alla professionale serale del simulacro della madonna addolorata e dell’urna con il Cristo morto.

“Una provincia quella di Agrigento dove si surriscalda il clima di litigiosità e violenza che penosamente si risolve, in alcuni casi, nell’eliminazione dell’altro: penso – ha detto il cardinale Montenegro – a Vincenzo Busciglio di Alessandria della Rocca, ucciso a metà marzo, e a Marco Vinci, ucciso a Canicattì, nel 2017: tutti e due la stessa età, 22 anni, tutti e due accoltellati. Ma non meno preoccupanti sono gli altri delitti, ai danni di persone e del patrimonio, avvenuti nei diversi centri della provincia. E che dire dello scempio del paesaggio naturale, violentato dall’avidità dell’accaparramento della terra. Mi chiedo se la coppia Fustaino, travolta ed inghiottita da una frana a Cammarata, nello scorso novembre, più che vittime della natura, non lo siano state della scarsa umanità dell’uomo? Il non rispetto per gli altri e per il creato è chiaro segno di disumanizzazione e di grave imbarbarimento. Qualche profeta oggi, cavalcando l’onda della paura, afferma che il problema sono i poveri-cristi che vengono dai sud del mondo. Non riesco a convincermi. È possibile che il problema sono ancora i migranti e i poveri, dato che, come si dice, ormai i loro arrivi si sono ridotti sensibilmente? Perché chi decide la sorte di quella gente non ci parla delle carceri, delle torture, dei morti della Libia, del mare, del deserto? Ma di questa situazione i popoli civili non hanno nessuna responsabilità? E quanto sta avvenendo ora nella Libia? Perché i profeti – ha incalzato don Franco – non ci parlano, con la stessa veemenza dell’illegalità, della corruzione, delle mafieche dilagano. Mi sbaglio senz’altro, Signore? Compatiscimi. “Non mi stanco di ripeterlo: Agrigento siamo noi! Lamentarsi è autoaccusarsi! Tu stesso, Signore, ci hai avvisati sull’inutilità di piangere sulle rovine di Gerusalemme. Non c’è dubbio che ci sia un deficit di fede, ma è altrettanto evidente il deficit di cittadinanza attiva e responsabile. Costruire la città ‘nuova’ non è un compito delegabile ma nemmeno rimandabile. La nostra cattedrale, da poco riaperta, al di là del suo valore religioso, è testimone prezioso di sguardi e di visioni proiettati in avanti, non è un museo ma una finestra volta su un futuro da costruire giorno per giorno, mattone dopo mattone: è ricordo ed eredità della tenacia dei nostri padri, è seme di vita per noi e per le generazioni che verranno e che su di essa, sulle sue radici, dovranno edificare la novità di una storia nuova.

In questo momento il pensiero, Signore, va ai nostri fratelli parigini, duramente provati dal dolore per l’incendio di Notre Dame. Le cattedrali, come le nostre mamme sono la nostra carne, la loro malattia o la loro morte è una ferita che sanguina senza mai cicatrizzarsi. Noi lo sappiamo bene! Signore, sentendo il tuo sguardo d’amore su di noi, ti presto la mia voce perché tu dica forte a me e alla mia gente: anche voi agrigentini potete costruire nuove reti di fraternità, anche voi potete tessere relazioni nuove e rinnovate. Credeteci! Desideratelo! Osate! Dicono gli africani: ‘Attacca il tuo aratro a una stella’. Im-pariamo a farlo! Lanciamo i nostri cuori in avanti e seguiamoli: è la condizione per costruire un bel futuro. Sentiamo la voce di Maria, la mamma addolorata, che anche lei come il figlio ci ripete: Agrigento scuotiti! Alzati! Risorgi!”

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