Agrigento si sveglia arancione e ristoratori e gestori di bar e caffetterie hanno chiuso. Il nuovo Decreto della presidenza del consiglio dei ministri con il quale si punta a limitare la diffusione del coronavirus in Italia, che consentiva a bar e ristoranti di rimanere aperti per l’asporto, è stato recepito così ad Agrigento. In molti hanno preferito andare in ferie forzate, per limitare i danni, non solo i rischi sanitari, ma soprattutto quelli economici.
“Agrigento non è Milano o Roma, qui l’asporto funziona poco e solo nei fine settimana – spiega Mario Ciulla di Granofino Steck House, ristorante e pizzeria del Villaggio Mosè – per questo abbiamo deciso di aprire solo sabato e domenica, giusto per garantire un servizio, perchè tra spese di energia e personale rischiamo di collassare”.
Anche a San Leone in molti hanno chiuso.
Il Porticciolo, Trattoria Caico, Portobello solo per citare alcuni dei ristoranti ma anche bar storici come La Vela, Tropical e Pisciotto hanno deciso di serrare la porta.
“Non è possibile lavorare in queste condizioni – dicono – tra controlli, responsabilità, spese, costi fissi e rischi, preferiamo andare in ferie con la speranza che dopo il 3 dicembre si possa riaprire”.
Sulla stessa lunghezza d’onda lo chef Vincenzo Santalucia del Ristorante La Scala in via Atenea, così come Alfonso Sanfilippo de Il Re di Girgenti in zona Valle dei Templi.
“Noi non siamo abituati – spiega Sanfilippo – a lavorare con l’asporto, per farlo ci vuole un’impostazione diversa, stando così le cose preferiamo rimanere chiusi”.
In Sicilia «zona arancione», nulla cambia per i negozi, ma la norma cambia per le attività di ristorazione:
– sospese le attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie), ad esclusione delle mense e del catering. Resta consentita la sola ristorazione con consegna a domicilio.