Agrigento, dighe cominciate e mai completate: fiumi di acqua e denaro finiscono in mare

Sono state ideate e progettate negli anni 70 e nonostante sia trascorso quasi mezzo secolo ancora non sono state completate. E questo, malgrado la pioggia di miliardi (di lire) e milioni (di euro) che sono stati stanziati da Stato e Regione. Sono le dighe e gli invasi progettati per usi irrigui mentre oggi richiedono una riconversione, visto che la provincia di Agrigento, continua a soffrire la sete. Nell’Agrigentino sono 3 le dighe progettate sono: la Gibbesi, che si trova nel territorio tra Naro, Ravanusa e Sommatino, che quindi abbraccia anche la provincia di Caltanissetta e la diga Laura di Campobello di Licata.

La diga Gibbesi era stata ideata da un accordo del 23 giugno 1966 tra l’Ente Minerario Siciliano, da una parte, e l’Eni e la Montedison, dall’altra, per alimentare uno stabilimento manufatturiero realizzato nell’area industriale di Licata, oggi non più esistente. Dall’assessorato industria è passata all’assessore agricoltura e di conseguenza al consorzio Gela 5; l’acqua della diga (11 milioni di metri cubi), per scopi irrighi ed anche civili, interessa i comuni di Licata, Ravanusa, Campobello di Licata e Palma di Montechiaro e ricade nel territorio di Sommatino a confine con il territorio di Ravanusa. In sostanza mancano le opere di canalizzazione ed i progetti sono fermi nei meandri della Regione.

Per sollecitare il completamento del Gibbesi e la successiva fruizione, il comitato civico “Cantavenera” per lo sviluppo sostenibile l’acqua e la sicurezza del Comune di Licata Aderente “Inter.Co.Pa” e “Forum dell’Acqua, ha avviato una petizione. “La Diga Gibbesi – scrive il comitato nel quesito che sarà sottoscritto dai cittadini – contiene circa 12 milioni di metri cubi d’acqua, realizzata da oltre 25 anni a circa 25 chilometri da Licata per dare l’acqua alle nostre campagne, ma non è stata realizzata la condotta il cui progetto da oltre 5 anni giace alla Regione”.

Tra i punti di raccolta firme ci sono il circolo pescatori di piazza Duomo, La Pro loco che ha sede nel plesso della Badia ed alla Cna di via Bengasi, di fronte allo stadio Dino Liotta. Dopo gli appelli inascoltati da parte dei politici e dei rappresentanti istituzionali sul completamento e la fruizione della Diga Gibbesi, il comitato ogni mercoledì del mese di aprile ha tenuto dei sit in di protesta davanti alla condotta agraria di corso Umberto. Un gruppetto di cittadini che aderiscono al comitato, con il presidente Lo Monaco, il segretario Agostino Licata e i consiglieri: Spadaro, Bonfissuto, Oliveri e Licata, hanno stazionato davanti l’ingresso della condotta agraria.

Negli ultimi mesi, ben cinque milioni di metri cubi di acqua, invasati all’interno della diga Gibbesi, sono stati riversati, attraverso il fiume Salso, in mare perché l’invaso non ha i sistemi di sicurezza attivati. Nella diga, grazie alle piogge dello scorso inverno, erano stati invasati addirittura sette milioni di metri cubi di acqua, ma, con lo svuotamento attuato in queste settimane, la quantità di acqua invasata non supera il milione di metri cubi. Tutto ciò perché il Registro italiano dighe, considerato il fatto che la diga non è mai stata collaudata, ha intimato al consorzio di bonifica Gela 5, che ha avuto in gestione l’invaso dopo la dismissione da parte dell’Ente minerario, di svuotare immediatamente l’invaso; ai tecnici del consorzio non è rimasto altro da fare che aprire le valvole di sfogo e far fluire tutta l’acqua. Il progetto della rete irrigua della Diga di Gibbesi, è stato finanziato per una somma pari a 377.970 euro a carico dello Stato ed una parte a carico del Consorzio di bonifica.

A novembre 2015 il Consorzio ha avanzato richiesta di proroga fino al dicembre 2016. Tale proroga è stata concessa nel mese di giugno. Ma da allora è tutto fermo. Fin qui la diga Gibbesi. I lavori di realizzazione della diga Laura, che si trova al confine tra il territorio di Campobello di Licata e Naro sono invece iniziati negli anni 80’. Per un errore nella progettazione, ed in particolare per una errata indagine geologica, le opere di canalizzazione della diga sono state realizzate in una zona a rischio frane. Per ripristinare la situazione si dovrebbe procedere ad un progetto di variante. Ma sembra che il progetto non interessi a nessuno e che quei soldi pubblici stanziati sono stati buttati al vento.