PORTO EMPEDOCLE. Se n’è andato in punta di piedi Alfonso Gaglio, 94 anni, storico pilastro della cultura empedoclina e della terra dei Templi. Intellettuale colto, moderato, intelligente, fu fin da ragazzo amico di Andrea Camilleri con cui rimasero in buoni e intensi rapporti, anche negli anni della vecchiaia. Erano gli anni del fascismo quando un gruppo di ragazzi della borghesia, si innamorava della cultura riuscendo negli anni seguenti del primo dopoguerra a raggiungere traguardi importanti.
I nomi dei ragazzi di questa comitiva erano: Ciccio Burgio e Alfonso Burgio, Peppe Fiorentino, Aldo Sinesio, Nené Camilleri ed infine lui Alfonso Gaglio.
Dopo il liceo, Alfonso divenne un avvocato, ma preferì in vita vivere facendo l’insegnante di francese restando nella sua Porto Empedocle, a differenza di Andrea che invece lavorò nel campo teatrale e poi in RAI a Roma.
La Porto Empedocle divenuta conosciuta negli ultimi anni con il letterario nome di Vigata, era nel dopoguerra destinata a vivere un boom economico straordinario grazie alla nascente industria chimica, legata alla nascita dello stabilimento Montecatini prima e della Cementeria dopo.
Negli anni 60’ e ‘70 Alfonso Gaglio divenne una lucida figura di intellettuale di sinistra, pur senza ricoprire cariche di partito. Al contrario da uomo pacato e intelligente non negò mai la collaborazione alle istituzioni, quando ciò poteva essere utile alla collettività, fu così che iniziò una battaglia alleandosi con l’allora sindaco e deputato della DC Giuseppe Sinesio, per concedere l’ex carcere della Torre di Carlo V, alla fruizione pubblica. Nacque da questa prima intuizione un polo culturale di primaria importanza, non soltanto per Porto Empedocle, ma per l’intero contesto territoriale agrigentino. Pochi anni dopo fu fondato il centro culturale Torre Carlo V, di cui l’avvocato Gaglio divenne presidente.
Ai suoi funerali erano presenti il sindaco di Porto Empedocle Ida Carmina e quello di Agrigento Lillo Firetto, entrambi da sempre in rapporti cordiali con l’intellettuale scomparso.
“E’ venuta a mancare una figura di intellettuale fine – ha commentato Ida Carmina – da sempre impegnato prodigandosi per l’emancipazione culturale della comunità. Un faro umano e culturale per tutti noi che oggi vogliamo dare l’ultimo meritato saluto a quest’anima gentile”.
Lillo Firetto ha invece ricordato come sia stato proprio Gaglio a presentargli Andrea Camilleri, quando era ancora appena un ragazzo, mentre non dimentica la prima manifestazione antimafia, organizzata proprio dal centro culturale Torre di Carlo V, dopo la strage del settembre 1986.
Impossibile quindi separare la storia culturale e di società civile della Porto Empedocle degli anni d’oro, da quella di quest’uomo come ricordato da Alfonso Cusumano che in quegli anni, fu un suo giovanissimo seguace e che oggi lo ricorda con vivo affetto, ma anche molta commozione.
“Fu una persona mite – racconta Cusumano – che riusciva a raccogliere giovani di diversa estrazione sociale e portarli nel mondo della cultura, per un’educazione imperniata su valori sani. Il centro culturale Torre di Carlo V si specializzò nella realizzazione di cineforum che aprirono un profondo dibattito culturale, mentre anche la sezione teatrale ottenne risultati importanti. Ne facevano parte personalità come i giornalisti Alfonso Verruro e Filippo Carmina, intellettuali come Pasquale Hamel e Peppinello Burgio e molti altri ancora”.
Alfonso Gaglio fu autore di numerosi scritti e poesie, inoltre con prefazione di Andrea Camilleri scrisse insieme a Gigi Montagna e Francesco Augello “Theresa era velata” un romanzo intrigante.
Dunque un intellettuale comunista, ma che negli ultimi tempi aveva ritrovato un’ardente fede religiosa, come ricordato nell’omelia di Don Leopoldo Argento, una fede che è riuscita a rincuorarlo, anche della perdita della vista, come testimoniato da una delle sue ultime poesie che proponiamo, per ricordare quest’uomo che tanto ha dato nella sua lunga vita alla sua amata Porto Empedocle ed alla società in cui è vissuto.Un uomo che per una volta tanto trova l’intera città unita, nel porgere il proprio cordoglio alla famiglia.
Calogero Conigliaro
Sono arrivato alla cecità, era ora.
Ad ottantasette anni di vita!
Ora ci sono, non porto gli occhiali.
Non vedo con gli occhi,
ma con la mente penetro nel futuro imminente.
Mi manca il paesaggio: il mare, ma lo sento e mi tuffo in esso
contento, misurando, brancolando, lo spazio della mia casa,
facendo movimento.
Mi afferro alle parati, mormoro in silenzio preghiere al creatore.
Mi sento ancora vivo, forse meglio, ma resto inutile;
Che ne è stata della vita?
Ozio e sudore, travagli e sacrifici, ma ho goduto la vita,
e ora mi spetta la morte, da convinto cristiano.
Le parole non reggono e prorompe il sentimento
Che sempre mi ha animato.
Non agisco, non organizzo, né leggo, né studio,
e vedo la vita trascorsa, non come sogno, ma una fugace realtà,
vissuta in difficili personali situazioni, sempre convinto di riuscire,
poiché seguivo il filo di un conduttore che conosceva la via.
Forte è il rimpianto e grande è il sentimento di una vita,
fugacemente svanita!
Quando passerà, nessuno avrà il ricordo di essa, come una nuvola bianca,
svanirà nel cielo senza lasciare traccia.
Vanità di questo mondo!
Alfonso Gaglio
20/01/2010
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