Sono complessivamente 77 i soggetti italiani e stranieri residenti nell’intera provincia, individuati quali indebiti percettori del beneficio del reddito di cittadinanza, denunciati a piede libero dai carabinieri del Comando provinciale di Agrigento, con il supporto del locale Nucleo carabinieri Ispettorato del Lavoro, per l’ipotesi di reato di truffa. Le indagini hanno consentito di analizzare la posizione reddituale, e la documentazione fiscale di oltre 4.500 soggetti, che hanno fatto richiesta del sussidio economico. Il primato dei denunciati spetta a Porto Empedocle, seguito da Favara e Licata.
I particolari dell’operazione sono stati resi noti nel corso di una conferenza stampa alla presenza del comandante provinciale dei carabinieri di Agrigento, Vittorio Stingo, del capitano Marco La Rovere, e del luogotenente dell’Ispettorato del Lavoro, Ignazio Montalbano. (GUARDA IL VIDEO)
Sono state riscontrate molteplici irregolarità nelle autocertificazioni prodotte, in particolare in relazione allo stato detentivo di diversi beneficiari, che hanno omesso di comunicare la variazione della loro posizione giuridica, al fine di continuare a percepire il sussidio, nonostante si trovassero sottoposti a misura cautelare, oppure producendo certificazioni attestanti la propria residenza nella provincia risultate del tutto false.
Tra gli indagati risultano presenti soggetti noti alle forze dell’ordine per i loro trascorsi giudiziari, condannati per mafia, gravitanti nel mondo dello spaccio degli stupefacenti e dediti a reati contro il patrimonio quali furti e scippi che nel corso dell’attività sono stati raggiunti da provvedimenti restrittivi della libertà personale da parte dell’Autorità giudiziaria.
Emblematici risultano due casi perseguiti: in una circostanza è stato accertato che madre e figlia nonostante lavorassero in una pizzeria del litorale agrigentino di San Leone, percepivano regolarmente il reddito di cittadinanza; mentre a Naro un imprenditore è stato malmenato dall’operaio perché non voleva essere regolarizzato con formale assunzione, ma preferiva continuare a lavorare in nero in modo da conservare il sostegno economico. La quantificazione delle somme indebitamente percepite ammonta a circa 750 mila euro ed è stato attivato l’ufficio dell’Inps per il recupero coattivo e per la revoca del sostegno economico.