I difensori (gli avvocati Angela Porcello, Santo Lucia, Raffaele Bonsignore, Giuseppe Barba, Antonino Reina, Vincenzo Domenico D’Ascola e Lillo Fiorello) avevano chiesto di sentire gli imprenditori Vincenzo De Marco, Irene Casuccio e Bruno Forti, presunte vittime di estorsione da parte di alcuni degli imputati. La volta scorsa era stato ascoltato il solo De Marco, che aveva ribadito di essere stato costretto a pagare il pizzo al boss Rosario Meli per ognuno dei funerali, che aveva organizzato con la sua agenzia. Ieri è stata la volta di Forti, che ha precisato alcune circostanze in merito all’audizione in Questura, avvenuta il 12 maggio 2018, e agli incontri avuti prima, perché la difesa nell’atto d’appello proposto avrebbe cercato di screditare le parti offese, su una presunta concertazione, che ci sarebbe stata prima di arrivare negli uffici di polizia per essere sentiti. “Non c’è stato alcun accordo per denunciare i nostri estorsori, la nostra è stata una scelta libera e spontanea”, ha detto Forti.
La nuova audizione è di una delle tre presunte vittime di estorsione, al processo d’appello, scaturito dall’inchiesta antimafia “Vultur” che ha fatto luce sulla famiglia mafiosa di Camastra, e su un giro di racket estorsivo, che sarebbe stato imposto ad una ditta di onoranze funebri del piccolo paese dell’Agrigentino. Il processo di secondo grado è in corso di svolgimento davanti ai giudici della quarta sezione penale della Corte di Appello di Palermo, presieduta da Giacomo Montalbano.
In primo grado inflitta la condanna a 17 anni e 6 mesi di reclusione a Rosario Meli, “U puparu”; 14 anni e 6 mesi per il figlio Vincenzo Meli; 13 anni e 6 mesi al tabaccaio Calogero Piombo; 22 anni in continuazione con altre sentenze a Calogero Lillo Di Caro, esponente di rilievo della mafia di Canicattì.