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Home » FUORI PROVINCIA » Mafia, i vivandieri di Messina Denaro muti davanti al giudice

Mafia, i vivandieri di Messina Denaro muti davanti al giudice

20 Marzo 2023
in FUORI PROVINCIA
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I presunti vivandieri, Emanuele Bonafede e Lorena Lanceri, marito e moglie, accusati di avere ospitato Matteo Messina Denaro nella loro casa di Campobello di Mazara, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, davanti al Gip Alfredo Montalto. Secondo gli inquirenti, la coppia avrebbe ospitato in via continuativa e per numerosi giorni il padrino all’epoca latitante. Abitualmente, dunque, il boss sarebbe andato a pranzo e a cena nell’appartamento dei due, entrando e uscendo indisturbato grazie ai controlli che i Bonafede svolgevano per scongiurare la presenza in zona delle forze dell’ordine. Lorena Lanceri, secondo gli inquirenti, sarebbe stata inoltre legata sentimentalmente al boss.

E l’insegnante Laura Bonafede è stata sospesa dalla scuola ‘Capuana-Pardo’ di Castelvetrano per 10 giorni. Il provvedimento cautelare è stato adottato dal dirigente scolastico Vania Stallone al fine di tutelare l’immagine della scuola e di garantire il sereno svolgimento dell’attività scolastica. Il provvedimento è stato ratificato dal direttore regionale dell’Ufficio scolastico Giuseppe Pierro. L’insegnante Laura Bonafede, figlia del boss defunto Leonardo, è indagata dalla Dda di Palermo. La Bonafede si è incontrata al supermercato con Matteo Messina Denaro quando era latitante e tra le lettere e i “pizzini” risulta una corrispondenza tra i due.

“Non morirò di tumore, appena non ce la faccio più mi ucciderò a casa e mi troverai tu. Ti dirò quando arriverà il momento” scriveva in un pizzino Messina Denaro alla sorella Rosetta arrestata nei giorni scorsi. Il boss era ormai cosciente della gravità delle sue condizioni e avrebbe progettato una morte volontaria. Per chiudere da eroe solitario la sua partita Messina Denaro avrebbe potuto usare la pistola Smith & Wesson che teneva nel suo covo di Campobello di Mazara. La sorella era indicata come l’esecutore testamentario e aveva quindi il compito di fare scomparire le tracce dei tanti segreti ingombranti del boss. Nel progetto suicida si ritrova una somiglianza con la fine di Francesco Messina Denaro, don Ciccio, il padre di Matteo. Anche lui morì da latitante ma non per scelta volontaria: fu stroncato da un infarto.

 

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