Ammessi tutti al giudizio abbreviato i cinque imputati coinvolti nell’inchiesta sulla “mafia del pascolo”, condotta sul campo dalla Squadra Mobile di Agrigento, dallo Sco e dalla Sisco di Palermo, che ha disarticolato la famiglia mafiosa di Santa Margherita di Belìce. Sul banco degli imputati figurano Pietro e Giovanni Campo, padre e figlio, 73 anni e 35 anni, per loro si tratta di rito abbreviato condizionato dall’audizione di due testimoni. Altri tre imputati, Pietro Guzzardo, 46 anni, Domenico Bavetta, 44 anni, e Pasquale Ciaccio, 59 anni sarà giudizio abbreviato senza condizioni. Lo ha disposto il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Palermo, Carmen Salustro.
Devono rispondere di estorsione e illecita concorrenza con minaccia o violenza, aggravati dal metodo mafioso. I pubblici ministeri della Dda di Palermo, Claudio Camilleri e Felice De Benedettis, avevano avanzato cinque richieste di rinvio a giudizio. «Ogni pastore ha la sua zona e chi ha “potere” decide. Ha “potere” chi ha possibilità di comandare, ovviamente nel senso mafioso. Nel territorio di Santa Margherita comandavano Campo e Ciaccio». A descrivere il contesto della criminalità rurale e della mafia del pascolo nel corso di un interrogatorio, ai magistrati della Dda di Palermo, è stato il collaboratore di giustizia di Menfi Vito Bucceri.
Le sue dichiarazioni e quelle di un altro pentito di mafia Calogero Rizzuto, già capo del mandamento di Sambuca di Sicilia, sono state ritenute di fondamentale importanza nella ricostruzione delle dinamiche di gestione sulle vaste zone di campagna, “strappate” anche con la forza ad agricoltori e proprietari terrieri della Valle del Belice con canoni irrisori, dalle 200 alle 500 euro ettaro annui, e destinate al pascolo delle greggi di esponenti mafiosi e dei loro “amici”. «Se il proprietario del terreno dice di no, gli tagliano le viti – ha aggiunto Burceri –. I proprietari devono ringraziare se gli danno il formaggio».
Segui il canale AgrigentoOggi su WhatsApp
