Agrigento torna al centro delle cronache giudiziarie con l’inchiesta Xydi che si conclude con sette condanne inflitte dal tribunale della città. Il nome più rilevante è quello di Giuseppe Falsone, già ergastolano e figura di spicco di Cosa nostra, catturato a Marsiglia il 25 giugno 2010, che si è visto aggiungere una condanna a 22 anni di reclusione.
Oltre a Falsone, altri sei imputati sono stati condannati per il loro coinvolgimento. Tra questi, Antonino Chiazza, 55 anni, considerato un boss della Stidda, ha ricevuto la pena più severa: 29 anni di carcere, rispetto ai 30 richiesti dalla Dda. Seguono Pietro Fazio, 52 anni, con 18 anni di reclusione, e Santo Gioacchino Rinallo, 65 anni, condannato a 28 anni. Entrambi sono ritenuti affiliati di spicco della Stidda.
A completare il quadro delle condanne vi sono Antonio Gallea, 67 anni, che sconterà 22 anni, e Filippo Pitruzzella, 64 anni, ex ispettore di polizia, condannato a 12 anni e un mese per concorso esterno in associazione mafiosa. Pitruzzella, che avrebbe agito come “talpa” per agevolare Angela Porcello e il compagno mafioso Giancarlo Buggea, ha sempre sostenuto di aver collaborato con i servizi segreti per catturare Matteo Messina Denaro, ma la corte non ha accolto questa versione.
Infine, Stefano Saccomando, 47 anni, di Palma di Montechiaro, è stato condannato a un anno e sei mesi per favoreggiamento, con pena sospesa. Accusato di aver mentito agli inquirenti e negato pressioni mafiose, gli è stata esclusa l’aggravante del favoreggiamento alla mafia.
Il processo Xydi rappresenta un nuovo capitolo nella lotta contro la criminalità organizzata nel territorio agrigentino, confermando l’azione incisiva della magistratura nel colpire le strutture di Cosa nostra e della Stidda.
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