LICATA. Inizieranno il 3 maggio gli esami irripetibili sulla pistola calibro 38 special con matricola abrasa ritenuta l’arma con cui lo scorso novembre un sessantasettenne di Licata avrebbe sparato al figlio di 39 anni. Gli accertamenti verranno eseguiti dai carabinieri del Ris di Messina. La vicenda è legata ad una complicata situazione familiare. Secondo quanto ricostruito il padre avrebbe sparato al figlio, colpendolo di striscio alla testa, a margine di continue vessazioni e richieste di denaro. Il padre venne arrestato e anche il figlio, dopo essere stato dimesso dall’ospedale, fu fermato con l’accusa di estorsione e rapina. Al termine di una indagine lampo, i carabinieri della compagnia di Licata avevano arrestato il genitore per l’accusa di detenzione di arma clandestina.
In particolare, i militari erano intervenuti, su segnalazione giunta alle prime ore del mattino al 112, presso l’abitazione di un uomo che aveva riportato una ferita di striscio alla testa prodotta da colpo d’arma da fuoco. Il trentanovenne dopo l’intervento di personale sanitario del 118, era stato trasportato presso il nosocomio di contrada Cannelle. I medici lo hanno visitato ed hanno escluso il pericolo di vita. I carabinieri, nell’ambito degli immediati accertamenti avviati, hanno riscontrato gravi e concordanti indizi di colpevolezza, in ordine alla vicenda descritta, a carico del padre, presso la cui abitazione è stata rinvenuta, occultata sopra l’armadio della camera da letto, una pistola a tamburo revolver calibro 38 special con matricola abrasa, sottoposta a sequestro.
Alla base del ferimento ci sarebbe stata una discussione tra padre e figlio che ad un certo punto sarebbe degenerata. Fino a costringere il genitore a prendere la pistola e puntarla contro il figlio, che poi sarebbe stato attinto da un colpo partito dall’arma e raggiunto di striscio in testa.
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