A proposito dell’attuale incandescente dibattito sulle recenti affermazioni di Papa Francesco, c’è da riflettere sul principio-cardine del personalismo cristiano.
C’è subito da premettere che quella di Papa Francesco è una visione da inquadrare all’interno della tradizionale Dottrina Sociale della Chiesa (DSC), dove il principio personalista è il cardine, in consonanza con il Credo in cui si dice che “per noi uomini e per la nostra salvezza” il Figlio di Dio si è incarnato, è morto ed è risuscitato per noi.
La nostra fede perciò ci illumina e sollecita sul fatto che la persona umana, amata e salvata da Gesù di Nazareth, Figlio di Dio e Dio Egli stesso, si realizza nelle varie relazioni di amore, di giustizia, di solidarietà con le altre persone.
In questa visione ogni persona, indipendentemente da tutto è immagine vivente di Dio, opera del Creatore.
Perciò avere l’accortezza di guardare sempre alla persona, prima di ogni eventuale e possibile aggettivo, “omosessuale” compreso o altro.
Nessun allarme, perché il matrimonio resta sempre quello tra un uomo ed una donna, legati da un patto indissolubile di amore e reciproca fedeltà, come nel sapiente disegno di Dio.
Vedo che nel dibattito incandescente in corso, per sottolineare quest’ultimo aspetto, si è fatto ricorso anche al sillogismo, uno dei principi della logica aristotelica così come rivista dalla filosofia scolastica, che impone di non potere mai trarre conclusioni più vaste delle premesse. E quindi non fare dire a Papa Francesco quello che Egli non ha detto, nel suo unico desiderio di richiamare al principio cardine della DSC e della nostra fede professata nel Credo.
E poi il cuore dell’insegnamento cristiano e cattolico ha guardato sempre all’uomo storico, che non è qualche cosa, ma qualcuno. Un essere cioè capace di conoscersi, di possedersi, di donarsi liberamente e di entrare in comunione con gli altri.
A parte quanto detto in passato, più recentemente Papa Francesco aveva detto: “Siamo tutti esseri umani, abbiamo dignità, se una persona ha una tendenza o un’altra, questo non toglie la sua dignità di persona“.
Ma nessuna confusione, solo la capacità di guardare più in alto e quindi puntare decisamente al rispetto comunque per la persona concreta.
In questa sola ottica capire il pensiero di Papa Francesco quando, per fare trionfare l’amore ragionevole, adesso dice: “Le persone omosessuali hanno il diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge sulle unioni civili. In questo modo sono coperti legalmente. Mi sono battuto per questo”.
Che non significa apertura ai matrimoni omosessuali e tanto meno dichiarazione della loro liceità.
Perché il matrimonio è una, cosa, la famiglia è solo quella formata da un uomo ed una donna che si giurano amore reciproco e fedeltà, aperti anche a trasmettere la vita. Le unioni civili invece, sono frutto i una legge; e nell’impossibilità di trasmettere la vita, possono ben servire ad una reciproca assistenza fondata sulla sincera affettività reciproca, “legalmente coperti” e non sentirsi quindi abbandonati (o addirittura disprezzati) da Dio e dagli uomini, ma onorevolmente e legalmente inseriti nella Comunità.
Mi rendo conto delle difficoltà mentali ad accogliere questo messaggio a cui non si è preparati. In questo senso la voce di Papa Francesco è da accogliere come una forte provocazione verso il traguardo del rispetto verso la persona, verso cui bisogna comunque tendere, qualunque ideologia e/o fede si professi.
Un messaggio davvero francescano, a cogliere anche nell’ottica evangelica di Gesù che prega per la fede di Pietro. E quindi dei suoi successori nel ministero, perché, essi confermati nella fede, possano confermare i fratelli.
Diego Acquisto