La Valle dei Templi di Agrigento, patrimonio UNESCO, non è solo un gioiello archeologico ma anche un sito di grande interesse geologico. Purtroppo, l’area è minacciata da fenomeni di instabilità legati alla sua struttura geologica e all’intervento umano.
Lo studio, condotto dal professor Francesco Fiorillo (geologo di fama internazionale, tra i top 2% dei ricercatori più citati al mondo), nell’ambito del progetto La mediterraneità della Magna Grecia – in armonia con Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025 e promosso dall’Associazione Ambiente e Cultura Mediterranea – analizza due aree critiche: la frana del 1966 e il versante sud tra i Templi di Giunone e della Concordia, per comprendere cause e rischi futuri.
L’instabilità della Valle deriva da una combinazione unica: in questa struttura a “sinclinale” i terreni sono disposti a forma di conca, con strati inclinati verso il centro; si osserva una sovrapposizione di rocce diverse: Calcareniti (rocce calcaree friabili) in alto, soggette a fratturazione; ma anche Argille e marne (rocce plastiche) in basso, che si deformano sotto carico.
La formazione di Agrigento alterna strati di calcarenite e argille, poggianti su argille più antiche (Formazione di Monte Narbone); questa configurazione favorisce scivolamenti e fratture, soprattutto dove le calcareniti sono esposte in superficie.
Sul versante sud, tra i Templi di Giunone e della Concordia, si rilevano problemi e cause di vario genere: arretramento della scarpata: le calcareniti sono fratturate in blocchi che crollano o scivolano (fenomeni di toppling e rock slide); riduzione dello spessore delle rocce: antiche cave greche e romane hanno asportato fino a 10 metri di calcarenite, indebolendo il versante.
Vi è rischio per i templi? il Tempio di Giunone e quello della Concordia sono oggi a pochi metri dal bordo instabile. In passato, l’assenza di erosione alla base del versante garantiva stabilità. Oggi, gli scavi storici hanno alterato l’equilibrio, accelerando il degrado. Nonostante i movimenti principali si siano esauriti, crolli locali rimangono possibili.
Lo studio affronta la vicenda dolorosa della frana del 1966. Cosa accadde?
Il 19 luglio 1966, un’imponente frana nel quartiere arabo di Agrigento spostò interi edifici di 1 metro e causò crepe fino a 1 km di distanza.
Tra le cause principali vengono indicate: la struttura a sinclinale: gli strati inclinati hanno favorito lo scivolamento; antichi movimenti: la frana riattivò uno scorrimento preesistente (forse iniziato nel 300 d.C.); attività umane: cave di calcarenite ai margini dell’area hanno destabilizzato il pendio.
La situazione attuale, a parere del professor Fiorillo (Università del Sannio), conferma la stabilità dell’area in frana anche se la stessa conserva condizioni di fragilità; eventuali nuove sollecitazioni (es. piogge intense o scavi) potrebbero, infatti, riattivare movimenti destabilizzanti.
Ma l’impatto dell’uomo in tale contesto è costituito soprattutto da cave storiche: l’estrazione della calcarenite ha ridotto lo spessore delle rocce, innescando cedimenti; urbanizzazione, con l’espansione edilizia ha aggravato il carico sui pendii; modifica del paesaggio: i greci stessi, con scavi per mura e templi, alterarono l’equilibrio naturale.
A causa di rischi persistenti, i templi e l’abitato sono ancora minacciati da crolli locali e movimenti profondi. È necessario un monitoraggio urgente e servono sistemi per controllare fratture e spostamenti, nonché limitare interventi, come scavi e costruzioni nelle aree sensibili.
Il messaggio chiave dello studio è chiaro: La Valle dei Templi è un equilibrio precario tra natura e storia. Preservarla richiede comprensione geologica e rispetto per un territorio fragile.
link diretto: https://www.ambienteculturamediterranea.it/magna-grecia-2425-relazioni
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