Dall’immaginaria Vigàta al reale e inspiegabile sentimento di insularità. Andrea Camilleri racconta la sua Sicilia tra sapori, ricordi, aneddoti di un’isola che forse non c’è più, ma che non smette di vivere e far vivere attraverso i suoi libri. Porto Empedocle, ma anche e soprattutto Agrigento, la Montelusa del maestro empedoclino. In un’interessante intervista pubblicata su Repubblica, Camilleri rievoca i sapori di un tempo e quando parla del pesce dice:
“Era così fresco che friggerlo era un problema, perché si arrotola su se stesso, sai, e quindi bisognava con la forchetta tenerlo dritto. Era bellissimo… una facenna meravigliosa…”.
Camilleri racconta la Sicilia dei sapori, degli odori, oltre il pesce, ovviamente c’è l’arancino.“Eravamo una famiglia numerosa, non meno di dieci, dodici persone a tavola e quando arrivavano, piombava il silenzio. A me capitò una volta che nonna fece arancini di una bontà che se morivi un attimo dopo eri soddisfatto, morivi bene.
Segui il canale AgrigentoOggi su WhatsApp
