I giudici della Corte di Appello di Palermo, lo scorso 5 gennaio, hanno confermato la confisca dei beni, per un ammontare di oltre 2 milioni e 200 mila euro, intestati o riconducibili a Daniele Rampello, 52 anni di Raffadali (e ai suoi familiari, cosiddetti “terzi intervenienti”), a capo di un sodalizio per l’ottenimento di false pensioni d’invalidità, e lui stesso falso invalido, come lo erano i tanti “furbetti” beneficiari della legge 104, grazie anche alla compiacenza di decine di medici e impiegati della Pubblica Amministrazione, e tutti quanti caduti nella rete della Digos di Agrigento, nell’oramai nota operazione “La carica delle 104”.
Rigettata la richiesta dei legali difensori del raffadalese, gli avvocati Aldo Virone, Daniele Re e Raffaele Bonsignore, che chiedevano la restituzione del patrimonio accumulato nel tempo, e confiscato dai giudici della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Agrigento, su proposta dell’allora questore di Agrigento, Maurizio Auriemma, perché sarebbe stato acquisito in maniera illecita, grazie ai brogli di Rampello. I difensori a pochi giorni dal verdetto in appello, hanno già depositato ricorso in Cassazione.
Se nell’ultimo grado di giudizio i giudici ermellini confermeranno ogni cosa, passeranno allo Stato tre ville di lusso, appartamenti, magazzini, tre impianti fotovoltaici, e conti correnti. Tra le altre cose confiscate anche 3 autovetture, messe a disposizione del Ministro dell’Interno, e assegnate al parco macchine della polizia di Stato, e pronte per essere utilizzate nell’ambito di attività investigative.
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