CANICATTI’. Un anno dopo, nello stesso posto. Canicattì non dimentica, la città ricorda Marco Vinci, il giovane 22enne ucciso a coltellate l’anno scorso davanti ad un pub in piazza Dante, a due passi dalla chiesa di San Domenico che da giovane era frequentata dal giudice Rosario Livatino. Una stele voluta dalla famiglia è stata scoperta ieri sera alla presenza di tanti cittadini e delle autorità comunali. Sulla pietra è sistemata una targa con un messaggio rivolto ai giovani. La stele è stata sistemata in piazza Dante, in un’aiuola un tempo abbandonata, nei pressi del luogo dove lo scorso anno avvenne il delitto. Era presente per l’amministrazione l’assessore Katia Farrauto e c’erano anche i genitori di Marco, visibilmente commossi ed affranti da un dolore indescrivibile. C’erano anche il fratello e la fidanzata, oltre allo zio che è un insegnante dell’istituto tecnico “Galilei”. Tornare in quel posto, nello stesso luogo dove il figlio è stato ucciso non è stato affatto facile soprattutto per la mamma di Marco. Ma entrambi i genitori non hanno detto nulla. Silenzio e preghiera.

Marco Vinci è stato ucciso solo perché avrebbe provato a difendere un’insegnante di 38 anni che sarebbe stata pesantemente importunata. Proprio ieri, a distanza di un anno, si sarebbe dovuto concludere il processo con la sentenza emessa nei confronti del 34enne canicattinese Daniele Lodato, difeso dall’avvocato Angela Porcello, che è l’unico imputato per la morte di Marco Vinci. Secondo l’accusa sarebbe stato lui a sferrare le coltellate all’addome che hanno ucciso Vinci. Ma ieri mattina, il giudice Alfonso Malato ha rinviato l’udienza, anche per la causalità dell’anniversario, a lunedì prossimo 25 giugno, giorno in cui sarà quindi emesso il verdetto per Lodato. Per lui, il Pubblico ministero Alessandra Russo ha chiesto la condanna a 30 anni di carcere. Nella sua arringa difensiva, invece l’avvocato Angela Porcello ha chiesto la derubricazione del reato in omicidio preterintenzionale sostenendo che “Lodato non aveva alcuna intenzione di uccidere Vinci”. Il delitto è avvenuto al culmine di un litigio scaturito dal fatto che Lodato avrebbe importunato un’amica di Vinci. “C’è stata una colluttazione e lo ha colpito col coltello ma senza alcuna intenzione di ucciderlo – ha detto il legale. Non voleva ucciderlo, è stato un incidente. Lo ha colpito per ferirlo al culmine di un litigio”. Il Pm, nella sua requisitoria aveva invece sostenuto la tesi dell’omicidio volontario. “E’ stato un omicidio premeditato e senza alcuna attenuante, dettato dall’arroganza. L’imputato ha persino lasciato il coltello sul corpo della vittima in segno di disprezzo e perchè fosse chiaro a tutti cosa succedeva a chi gli avrebbe mancato di rispetto – ha detto nella requisitoria il pubblico ministero Alessandra Russo”. Parole ribadite dall’avvocato di parte civile. L’avvocato Santo Lucia, difensore dei familiari del ragazzo ucciso si è associato alla richiesta del Pm di condannare l’imputato a 30 anni di carcere, sottolineando che “è stato un delitto che non merita alcuna attenuante e sul quale non possono esserci dubbi in relazione alla premeditazione visto che Lodato tornò a casa e andò a prendere la macchina dove c’era il coltello nonostante la sua compagna lo avesse invitato, più volte, tramite messaggio, a lasciar perdere”.
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