Il tesoro dell’imprenditore agrigentino Giuseppe Burgio, uno yacht invece di pagare lavoratori

La Guardia di finanza di Agrigento ha individuato, coordinata dalla Procura di Agrigento, il “tesoro” di Giuseppe Burgio, l’imprenditore agrigentino arrestato lo scorso novembre nell’ambito dell’operazione “Discount” perchè ritenuto responsabile di bancarotta fraudolenta per un importo complessivo di 50 milioni di euro. Dunque, sigilli per 16,5 milioni di euro rappresentati dal patrimonio immobiliare della Hopaf Srl di Porto Empedocle, società immobiliare a suo tempo amministrata da Giuseppe Burgio. Le quote societarie, scrive Grandangolo, erano già state sequestrate su provvedimento del Tribunale per le imprese di Palermo a seguito dei fallimenti che coinvolsero le società attive nel settore della grande distribuzione organizzata e già sottoposta ad amministrazione giudiziaria. L’imprenditore, secondo il settimanale, aveva aveva acquistato uno yacht anzichè pagare i lavoratori.

L’arresto del Burgio, noto e controverso imprenditore agrigentino, era avvenuto in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dalla medesima Autorità giudicante che ora si è espressa sul decreto di sequestro.

Anche in questo caso il dispositivo del provvedimento recepisce in toto le richieste formulate dal Pubblico Ministero Brunella Sardoni, che erano a loro volta sostenute dagli esiti degli accertamenti bancari e finanziari completati dalle fiamme gialle di via Atenea.

La HO.P.A.F. S.r.l., le cui quote societarie erano già state sequestrate su provvedimento del Tribunale per le imprese di Palermo a seguito dei fallimenti che coinvolsero le società di Burgio operanti nel settore della grande distribuzione organizzata, è già sottoposta ad amministrazione giudiziaria; le uniche operazioni svolte dalla società sono quelle di
affitto del centro commerciale “le rondini”, sito in Porto Empedocle.

Gli immobili della HO.P.A.F. S.r.l. sono tre a destinazione residenziale, uno sito a Palermo e due ad Agrigento, in via Minerva, dove il BURGIO risiedeva, e due a destinazione commerciale (uno a Porto Empedocle e l’altro a Gela). Il loro valore è stimabile in oltre 16,5 milioni di euro.

Tali immobili, oltre ad essere il frutto delle di plurime ipotesi di bancarotta fraudolenta, venivano utilizzati per protrarre ad libitum tali condotte delittuose mediante la rappresentazione contabile di un valore sovrastimato rispetto a quello reale.

Tramite false rappresentazioni contabili di questo tipo il Burgio ed i suoi più stretti collaboratori erano infatti risusciti, secondo la prospettazione accusatoria, a procrastinare indebitamente la dichiarazione di fallimento di quattro società, di cui la più strutturata era la nota Centro distribuzione alimentari S.p.a., vera e propria piattaforma
logistica per i supermercati di livello provinciale, con danni ai creditori per quasi 50 milioni di euro, e distrazioni direttamente imputabili al Burgio per oltre 13 milioni di euro.

E ciò senza considerare l’enorme numero di lavoratori impiegati presso i numerosi centri commerciali che in tale contesto persero il proprio posto di lavoro a causa delle spregiudicate politiche aziendali e di bilancio del proprio datore di lavoro, il quale oltretutto notoriamente si vantava, già dall’inizio degli anni 2000, di avere intrapreso una forma di collaborazione con l’Autorità giudiziaria; collaborazione che, in realtà, come in seguito fu giudizialmente dimostrato, era motivata proprio dal timore che le proprie società fossero sottoposte a misura di prevenzione patrimoniale dopo il suo primo arresto, avvenuto nel 1999 (nell’ambito dell’operazione cd. “Grande Oriente”)