Nuovo passo verso la santità
L’iter per la canonizzazione del Beato Rosario Angelo Livatino si arricchisce di un nuovo, significativo passo. Durante l’omelia della messa celebrata sabato sera a Canicattì, l’arcivescovo di Agrigento ha annunciato che il postulatore della causa di beatificazione ha trasmesso alla Congregazione per le cause dei santi una nuova documentazione. Un segnale che lascia intravedere la possibilità della proclamazione a santo del magistrato ucciso dalla Stidda il 21 settembre 1990, in contrada Gasena, lungo la statale 640, mentre si recava al lavoro al tribunale di Agrigento.
L’annuncio è arrivato in un momento fortemente simbolico: la celebrazione, affollatissima, per la scopertura della teca trasparente che ora custodisce il corpo mummificato del giudice, proclamato Beato da Papa Francesco nel 2021. Eroe civile, quindi, ma per la Chiesa soprattutto testimone della fede. Lo dimostrano gli appunti trovati nella sua borsa e nella sua scrivania. Nel discorso di condanna della mafia tenuto da Papa Giovanni Paolo II il 9 maggio 1993, venne definito «martire della giustizia e indirettamente della fede». Fu l’inizio di un processo che adesso dovrebbe trovare la sua conclusione. Il «miracolo Livatino» si riferisce principalmente alla conversione e al perdono dei suoi assassini, considerati da molti come un miracolo, oltre alle guarigioni attribuite alla sua intercessione.
Adesso per la prima volta, i fedeli hanno potuto vedere il corpo, conservato in modo sorprendentemente integro, grazie anche alla ricostruzione del volto realizzata con una maschera in silicone dallo stesso centro che si occupò del restauro del corpo di San Pio da Pietrelcina. Ma l’esposizione delle reliquie ha scatenato un acceso dibattito. L’opinione pubblica e i canicattinesi si dividono tra chi ritiene l’iniziativa un segno di devozione e chi, al contrario, parla apertamente di spettacolarizzazione . Tra le voci critiche anche Ettore Di Ventura, ex sindaco di Canicattì, è critico: «Oggi la mia città ha vissuto la giornata più macabra della sua storia recente». Dall’altra parte, non mancano le voci favorevoli, che vedono in questa esposizione un modo per restituire Livatino al popolo che ne ha custodito la memoria. Il sindaco di Canicattì, Vincenzo Corbo, ha dichiarato con emozione: «Il nostro giudice ritorna tra la sua gente». E il teologo e storico Enzo Di Natali ha aggiunto: «Questo corpo, che la mafia ha cercato di uccidere e profanare più volte, oggi è testimone di fede. Parla a ciascuno di noi, ci invita a sognare una città diversa». L’esposizione della salma è destinata a rimanere aperta alla devozione dei fedeli fino al prossimo 18 maggio nella chiesa di Santa Chiara. Rosario Livatino continua a interrogare le coscienze, anche da morto. La sua figura, incorruttibile e solitaria nella lotta alla mafia, divide ancora oggi. Ma forse proprio in questo si misura la grandezza del suo sacrificio: nel continuare a generare domande scomode e riflessioni profonde.
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