La Sicilia è stata sempre considerata un’isola di importanza strategica sia per il dominio marittimo del canale che controllava i traffici tra il Mediterraneo occidentale ed orientale, sia per l’abbondanza delle risorse di grano, olio, vino, tonno e sale che hanno attirato le erranti popolazioni mediterranee utilizzando centri di produzione e di scambio delle merci, cui è seguito un controllo politico del territorio della parte occidentale e centrale nel IV secolo a.C. da parte dei cartaginesi; la parte orientale, pur essa ricca di colonie greche dal VII secolo a.C., rimase fuori dal dominio cartaginese; un territorio unico ma con la presenza di due culture a confronto: punica e quella greca.
I caratteri di queste due culture sono stati in parte figurati nella monetazione emessa a partire dal V secolo a.C; è quanto emerge dalla ricerca scientifica di Ilia Lorenza Manfredi, Dirigente di Ricerca presso l’Istituto di Scienze del patrimonio culturale del Consiglio Nazionale delle Ricerche (ISPC-CNR) di Roma –Tra Cartagine e Agrigento: le monete con il granchio – che è la narrazione di parte della storia della Sicilia punica e di Agrigento scritta sulle monete agrigentine e delle isole del canale di Sicilia.
Le figurazioni monetali ci indicano un processo attraverso il quale le polis siciliane si sono sviluppate in ragione di particolari orientamenti dottrinali che, distinguendosi da un pur facile adattamento alle forme politiche greche, le hanno portate ad una rielaborazione degli archetipi. Diversi, infatti, sono gli elementi figurativi monetali di ogni singola polis ove ognuna presenta una specifica iconografia; ed è proprio attraverso tali riproduzioni che è possibile leggere alcuni periodi della storia della polis medesima e nell’insieme della Sicilia. Infatti, nelle immagini delle monetazioni sono rappresentate il cavaliere e, al rovescio, una ninfa, un dio fluviale che sacrifica ed al rovescio una quadriga (siracusana,?); ed ancora, una palma, un polpo, teste femminili con copricapo con cono alto accartocciato ripiegato in avanti, tipico dell’Anatolia, e leone con palme che ci rimandano ad un particolare tipo di abbigliamento delle popolazioni di alcune satrapie persiane. Sono immagini di matrice ellenistica (cavaliere), ma anche peculiari di una cultura orientis (palma) o magno-ellenica (quadriga); altri elementi sono molto specifici per Agrigento nella cui monetazione ritroviamo il granchio e l’aquila che indicano sia la presenza di una fiorente zecca agrigentina – che delle Isole del canale di Sicilia –, sia il simbolismo del granchio; molto diffusa quindi la rappresentazione del granchio ritenuto nel Medioevo il simbolo della resurrezione per la sua capacità di rinnovare in primavera il proprio involucro liberandosi del vecchio (Plinio ?); è lo stesso simbolismo utilizzato dalla cultura greco-romana con l’acanto che adornava originariamente i capitelli corinzi con un suo significato apollineo, poi trasfigurato dal cristianesimo nel significato di rinascita per la sua capacità di rinnovarsi dopo aver perso le foglie per siccità. Ma la scelta figurativa del granchio e dell’aquila sulle monete agrigentine del VI-V secolo a.C. è stata invece dettata da altre motivazioni quali la raffigurazione di elementi del contesto ambientale che significativamente segnavano il territorio e/o di devozione cultuale a divinità; in qualche caso l’elemento ambientale era allo stesso tempo anche rappresentativo della divinità. Nella fattispecie di Agrigento, l’aquila era probabilmente sia il segno più incisivo del territorio agrigentino sia l’immagine trasfigurata di Zeus, effigiata nell’immaginario con un fascio di folgori negli artigli che la divinità lanciava contro i suoi nemici; quindi, potenza, potere, protezione, culto; il granchio, da cui la città trae il nome, era figurativo del contesto ambientale marino, collegato a Poseidone; il significato potrebbe ascriversi ad un ringraziamento, con la riproduzione sulla moneta di una delle creature marine più diffuse lungo le coste del mare agrigentino, per aver il dio favorito la traversata del Mediterraneo per raggiungere la Sicilia; Zeus trova poi anche una riproposizione nell’Olympeion nella valle agrigentina. Una storia, quella delle monete agrigentine, che arricchisce la conoscenza di Akragas, prorompe in Agrigento Capitale 2025 e vivacizza il dibattito culturale sulla mediterraneità promosso da Ambiente e Cultura Mediterranea.
La mediterraneità della Magna Grecia
Progetto Culturale in armonia con Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025
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