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Home » Cronaca » Il giro di tangenti appalti “truccati”: resta un mistero l’identità di omissis

Il giro di tangenti appalti “truccati”: resta un mistero l’identità di omissis

19 Maggio 2025
in Cronaca, dalla città, evidenza
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Gli agenti della squadra mobile di Agrigento, coordinati dal procuratore capo Giovanni Di Leo e dal sostituto Rita Barbieri, anche dopo i cinque arresti non si sono fermati un solo attimo nelle investigazioni nell’ambito dell’inchiesta che ipotizza un giro di tangenti e appalti che sarebbero stati “pilotati” e “dirottati” ad imprese amiche in cambio di tangenti. L’identità dell’indagato omissis però anche nel provvedimento del Gip del Tribunale di Agrigento, Giuseppa Zampino, resta tale. Al vaglio di investigatori e inquirenti la corposa documentazione e i numerosi dispositivi acquisiti nel corso di una ventina di perquisizioni effettuate in abitazioni private, sede di imprese, in una comunità e in alcuni uffici tra cui quello di Aica. Nulla è cambiato dopo la decisione del gip Zampino di non convalidare i quattro arresti eseguiti negli scorsi giorni dal personale della squadra mobile. Era prevedibile, ma il giudice ha però disposto comunque misure cautelari per tutti gli indagati: ai domiciliari sono finiti gli imprenditori Luigi Sutera Sardo 67 anni e Dino Caramazza, 44 anni, entrambi di Favara. Disposto l’obbligo di dimora, invece, per le favaresi Carmela Moscato, 65 anni e Federica Caramazza 36 anni, rispettivamente madre e figlia. Tutti erano stati arrestati con l’accusa di associazione a delinquere, corruzione e turbata libertà degli incanti. La sola Federica Caramazza è indagata per ricettazione.

Era, invece, tornato in libertà il dirigente licatese Sebastiano Alesci, 65 anni, ritenuto uno dei protagonisti principali, insieme appunto ad “omissis” di cui non è stata rivelata l’identità. La Procura di Gela, competente poiché l’arresto è avvenuto a Butera, non ha nemmeno chiesto la convalida dell’arresto al gip ritenendo mancante la flagranza di reato. Tra gli appalti “pilotati” grazie al pagamento di mazzette ci sarebbero – secondo la Procura di Agrigento – i lavori di manutenzione straordinaria della strada provinciale 19 Salaparuta-Santa Margherita Belice, la riqualificazione e la ristrutturazione dello stadio “Dino Liotta” di Licata e i lavori di ristrutturazione ed automazione per l’ottimizzazione della rete idrica del Comune di Agrigento, (primo stralcio) con stazione appaltante Aica per un valore di oltre 37 milioni di euro.

Il primo appalto che sarebbe stato “truccato” sarebbe quello della strada provinciale 19 Salaparuta – Santa Margherita Belice “Ebbene, emergono gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati – scrive il gip – . Effettuando una valutazione critica delle risultanze investigative assunte, la condotta posta in essere integra il reato di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio in relazione alla gara d’appalto indetta dal Libero consorzio comunale di Trapani, con scadenza fissata al 12 dicembre 2024 alle ore 12. Maurizio Giuseppe Falzone, Diego e Federica Caramazza, Luigi Sutera Sardo e Carmela Moscato quali corruttori di Maurizio Giuseppe Falzone, 62 anni, di Licata, dirigente del settore lavori pubblici del Libero consorzio comunale di Trapani e presidente della commissione aggiudicatrice della gara d’appalto in questione, e Sebastiano Alesci, intermediario con gli odierni indagati, al fine di garantirgli l’aggiudicazione della gara d’appalto, è contestato il reato di cui aver promesso e parzialmente dato una somma di denaro contante (destinata al Falzone) non inferiore a 135.000 euro, custodita nell’abitazione di Moscato e consegnata, per il tramite di Federica Caramazza al fratello Diego in più tranche contanti e da questi all’Alesci e dal Sutera, che provvedevano a consegnarla a Falzone”. Nel corso delle indagini l’indagato Alesci, fermato dalla Polizia a Porto Empedocle, è stato trovato in possesso di 35 mila euro che per gli inquirenti stavano per essere consegnati proprio a Falzone, dirigente di Libero consorzio.

Dal contenuto dell’ordinanza del Gip Zampino, emerge un quadro indiziario grave a carico di Sebastiano Alesci, ritenuto il promotore del sodalizio a delinquere. Anche se la valutazione del Gip al riguardo per il reato di associazione per delinquere non è stato riconosciuto.

“E’ contestato agli odierni indagati, in concorso con l’Alesci, il reato associazione per delinquere per avere l’Alesci, e omissis organizzato e comunque costituito e gli altri fatto parte di una associazione per delinquere finalizzata al reperimento ed alla distrazione a fini privati di risorse pubbliche provenienti dalla Regione Siciliana e da altre fonti di finanziamento mediante la commissione di più delitti contro la pubblica amministrazione quali la turbativa d’asta, il peculato, la corruzione, la concussione, attraverso meccanismi spartitori dei pubblici appalti per la realizzazione di opere pubbliche e cli servizi, fondati sulla proprietà di imprese compiacenti, e su una capillare opera di corruzione e di condizionamento dei progettisti, pubblici funzionari, dirigenti di enti locali, assessorati regionali cd organismi d’ambito territoriale. Giova sin da subito chiarire – sottolinea il Gip Zampino – come questo Giudice non ritenga sussistenti gravi indizi di colpevolezza degli odierni indagati con riguardo alla fattispecie in esame. Gli odierni indagati risultano, piuttosto, concorrenti nel reato, ove i germani Caramazza sono i mandanti e finanziatori, il Sutera Sardo l’intermediario esecutivo, l’Alesci il canale verso il funzionario pubblico e ‘garante’ dell’accordo, il Falzone il pubblico ufficiale corrotto”.

“Va, anche qui, ribadito  – conclude il gip – come l’associazione per delinquere si caratterizza per la stabile organizzazione tra più soggetti, finalizzata alla commissione di un numero indeterminato di reati. Alla luce del complesso degli elementi indiziari finora acquisiti, emergono gravi indizi, con sufficiente chiarezza, un’ipotesi di concorso di persone nel reato di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, aggravata dalla qualifica dei soggetti coinvolti e nel reato di turbata libertà nella scelta del contraente. In particolare, l’accordo illecito tra il pubblico ufficiale e l’impresa aggiudicataria appare finalizzato alla manomissione di una specifica procedura di gara, mediante l’indebita rivelazione di informazioni riservate e l’adozione di atti contrari ai doveri istituzionali, in cambio di utilità promesse e/ o ottenute”.

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Tags: Appaltitangenti
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