Parrocchia che da più parti, a partire dal Concilio Vaticano II (1962-1965) e soprattutto da un paio di decenni a questa parte, si chiede che venga ripensata.
Anzitutto nel periodo successivo al Concilio, la parrocchia viene vista come un luogo di incontro, ascolto, comunione, in rapporto alle nuove aggregazioni ecclesiali di gruppi, movimenti ed associazioni che sorgevano e – quasi inspiegabilmente da un punto di vista umano – prodigiosamente si espandevano, facendo sorgere anche l’interrogativo che potessero porsi come alternativa alla parrocchia stessa.
Superata questa fase, nell’attuale dibattito pastorale sembrano ormai assodati alcuni punti fondamentali, che cioè la parrocchia è chiesa locale, con un Parroco che è il proprio pastore.
Assolutamente importante quest’ultima precisazione sancita tra l’altro dal nuovo Codice di Diritto Canonico del 1984, che ha voluto senza equivoci rimarcare come specifica identità per la Parrocchia quella di essere una comunità di fedeli che per mezzo del Parroco, sono in rapporto organico con la Diocesi che è la Chiesa-locale.
Non solom ! ormai senza ombra di dubbio, nella vera spiritualità è assodato che la preoccupazione pastorale deve gravare non solo sul Parroco, ma sull’intera Comunità, soprattutto tramite gli organismi collegiali di corresponsabilità .
Detto questo, il clima di festa che mi ha dato modo di pensare a queste problematiche, a Favara è stata la ricorrenza dell’85mo della Parrocchia – (al cui servizio mi trovo da un po’ di anni) – “Maria Ss. della Neve e S. Vito”, dato che il Consiglio Pastorale Parrocchiale ha lodevolmente pensato a non far passare inosservata la ricorrenza, organizzando un momento di preghiera comunitaria, a cui è seguita una serata di gioiosa fraternità.
E ciò anche nel contesto diocesano in cui, specie in questo momento, si lanciano stimoli a ripensare la Parrocchia a partire dalla famiglia, o – (come – ci pare – ancora meglio proprio in questi giorni, con un prezioso volumetto diffuso dal competente reparto della Curia, retto da don Rino Lauricella Ninotta) – a partire dalla celebrazione del sacramento del matrimonio da “celebrare con arte e bellezza” e per la cui celebrazione perciò si danno precise e puntuali “indicazioni liturgico-pastorali”.
Comunque a margine di tutto ci viene da dire che forse davvero appare urgente ripensare tutta la pastorale d’insieme, anzitutto con una grinta innovativa di creatività e leggerezza, seguendo le stimolanti (anche se molto impegnative) suggestioni pastorali di Papa Francesco; e quindi tenendo conto della concreta situazione demografica di oggi, che comunque spinge a dare alla parrocchia la centralità che merita.
Il volto del territorio di tante nostre parrocchie nei diversi Comuni negli ultimi decenni è molto cambiato, non solo per lo spopolamento dovuto al flusso migratorio che ha portato tanti all’estero per motivi di lavoro, ma anche per lo spopolamento dei Centro storico ed il contemporaneo tumultuoso sorgere di nuovi quartieri nella periferia.
E’ il caso, per esempio, di Favara ! e concretamente anche della parrocchia S. Vito, una delle parrocchie del Centro storico, dove negli ultimi tre decenni la popolazione si è più che dimezzata e, sempre per fare un esempio, i battesimi da una media antecedente di 60-70 all’anno, si è passati gradualmente ad un paio di decine, sino a scendere nell’ultimo decennio anche meno di dieci all’anno.
La soluzione di accorpare più Parrocchie dei Centri storici in Unità Pastorale, anche in considerazione della diminuzione dei preti, è sembrata e sembra la cosa più logica; e non c’è proprio nulla da obiettare.
Mentre non sembra altrettanto logico non intervenire contemporaneamente con un’apposita normativa, chiara e trasparente, che se da un lato dovrebbe servire ai fedeli che spesso si lamentano ingiustificatamente di non avere tutti i servizi religiosi di prima anche in rapporto alle festività tradizionali, contemporaneamente si caricano più parrocchie al parroco-cireneo di turno, unitamente a relativi pesi e responsabilità di carattere canonico, legale e forse anche penale, senza che nessuna normativa ufficiale venga emanata da chi di ragione, autorità civile o ecclesiastica, che sia.
E sino ad ora le voci che in questo senso si sono levate, sono rimaste regolarmente inascoltate.
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