Il pubblico ministero Maria Barbara Grazia Cifalinò ha disposto la citazione diretta a giudizio nei confronti di cinque persone, tutti di Favara, accusate di false informazioni alla Procura. La vicenda è quella che, il 13 settembre dell’anno scorso, ha portato alla condanna a 7 anni e 10 mesi di reclusione di un netturbino favarese di 55 anni, arrestato 6 anni fa, con le accuse di violenza sessuale, maltrattamenti e lesioni ai danni della figlia. Il processo inizierà il 9 gennaio. Altri tre familiari, coinvolti nella stessa vicenda, sono stati condannati a 6 mesi di reclusione per l’accusa di favoreggiamento al 55enne.
I fatti contestati all’imputato principale, risalgono al periodo, che va dal gennaio del 2016 al settembre del 2017. Sono tanti gli episodi. Il netturbino avrebbe avuto nella sua disponibilità anche una pistola, mai ritrovata, con cui avrebbe minacciato la figlia. In un’occasione, il padre-nonno si sarebbe introdotto nella stanza, dove si trovava la figlia insieme ai bambini, e l’avrebbe picchiata, poi si sarebbe spogliato e avrebbe tolto i vestiti a lei, abusando sessualmente della ragazza.
Violenze sessuali ripetute, ma anche aggressioni e minacce, instaurando all’interno della famiglia, un clima invivibile e di paura. Dalle indagini è emerso dopo la denuncia della vittima, anche i tentativi degli altri familiari di scagionare il capofamiglia. Significativi i contenuti delle conversazioni, intercettati e registrati, nella sala d’attesa dei carabinieri di Agrigento, dove erano stati convocati per essere interrogati.
Tra loro parlando dicevano di negare il verificarsi di qualsiasi abuso, rimproverando alla donna di aver “lavato in pubblico i panni sporchi”. E avrebbero concordato di raccontare agli investigatori di fare passare la congiunta, di avere sempre avuto l’abitudine di inventarsi le cose. Ma nelle parole anche sentimenti di vera compassione per quello che aveva passato, facendo chiaramente intendere, che da troppo tempo era oggetto di insopportabili sopraffazioni da parte del padre.
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