Con la formula “perchè il fatto non sussiste”, i giudici della Corte di Appello di Palermo, hanno assolto il netturbino A.I., 55enne, e la compagna L.A., quarantenne, entrambi di Agrigento, accusati di violenza sessuale ai danni della figlia dell’imputata, all’epoca dei fatti minorenne, oggi ventiduenne. Confermato il verdetto dei giudici della prima sezione penale di Agrigento, emesso il 16 novembre di tre anni fa. Accolte le tesi dei difensori degli imputati, gli avvocati Davide Casà, Nicola Grillo e Antonino Manto, che avevano chiesto ai giudici di confermare la sentenza di primo grado.
Al termine della sua requisitoria il Procuratore generale di Palermo aveva chiesto la condanna a 9 anni di carcere per il netturbino e 7 anni per la compagna. Per i giudici della Corte di Appello non ci fu alcun abuso ed, evidentemente, la storia terribile descritta dalla ragazza, che aveva denunciato e fatto arrestare il compagno della madre, accusandolo di averla violentata per sette anni, non ha trovato riscontri.
L’uomo, che lavora come netturbino in un’impresa, il 3 ottobre del 2015 era finito in carcere. Dopo oltre un anno di detenzione finì ai domiciliari, poi, scarcerato in seguito alla sentenza di assoluzione. Per la donna non era stata applicata alcuna misura cautelare. Adesso anche lei assolta dall’accusa di concorso in violenza sessuale, perché non avrebbe impedito, “avendo l’obbligo giuridico di farlo”, che l’uomo abusasse della figlia.