Cosa Nostra in provincia di Agrigento. Nella relazione annuale presentata dal presidente della Corte d’Appello di Palermo, Matteo Frasca, alcuni passaggi fanno riferimento alle numerose indagini coordinate dalla Dda, dalle quali, è emersa la piena operatività della mafia agrigentina. Un quadro allarmante quello uscito fuori.
“Oramai da almeno cinque anni, nell’Agrigentino – scrivono i magistrati -, si sono verificati una significativa serie di fatti di reato, quali omicidi e tentati omicidi, nonché il rinvenimento di veri e propri arsenali di armi (vicende tutte che hanno originato diversi procedimenti pendenti presso quest’Ufficio, ma alla data del 30 giugno scorso ancora coperti dal segreto investigativo), da cui desumere la progressiva recrudescenza di fatti criminosi di sangue nel territorio, dopo un periodo di sostanziale ‘silenzio’ da parte delle organizzazioni mafiose, ivi operanti (sia Cosa Nostra che Stidda), e la notevole disponibilità di armi da fuoco, anche del tipo da guerra (kalashnikov, esplosivi ed altro), da parte delle medesime organizzazioni criminali”.
I riferimenti più recenti, portano alla lunga scia di sangue, per la faida sull’asse Favara-Liegi, per il monopolio del traffico di stupefacenti (in carcere sono finiti sette favaresi). Ma anche ai tanti sequestri di armi effettuati in diverse zone della provincia. Nell’anno di riferimento sono state incrementate le investigazioni per delitti associativi, in nuovi procedimenti iniziati anche a seguito dell’operazione “Montagna”, che nel 2018 aveva consentito la ricostruzione delle dinamiche criminali dei mandamenti mafiosi in buona parte del territorio dell’intera provincia.
Ma anche mafia, politica, e massoneria. Ecco un altro passaggio.”Assai significativo quanto accertato nel corso del 2019, e del 2020, relativo alla dimostrata capacità di alcune famiglie mafiose agrigentine di infiltrare talune logge massoniche, avvalendosi in particolare della illecita contiguità di un funzionario della Regione Siciliana, maestro venerabile della loggia massonica di Palermo, il quale risulta avere sistematicamente messo a disposizione della consorteria mafiosa la privilegiata rete di rapporti intrattenuti con professionisti ed esponenti delle istituzioni in gran parte anch’essi massoni”. Preoccupante e addirittura definito «allarmante» quanto emerso dalle indagini relative alla famiglia mafiosa di Sciacca, pure in collegamento con quella di Castelvetrano, e del capomafia Matteo Messina Denaro.
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