Il fermo come era prevedibile non è stato convalidato per mancanza del pericolo di fuga ma per tutti confermata la custodia in carcere. Il gip del tribunale di Agrigento, Giuseppa Zampino, dopo gli interrogatori di sabato mattina, ha emesso il provvedimento con cui è stato confermato il quadro cautelare, quindi dichiarandosi incompetente per territorio, ha trasmesso gli atti ai magistrati della Dda di Palermo, competente per reati di mafia, che emetterà una nuova ordinanza entro venti giorni. I carabinieri del Comando provinciale di Agrigento, avevano eseguito il fermo di indiziato di delitto nei confronti di 13 persone. Cinque delle quali sono state raggiunte dal provvedimento in carcere.
Si tratta di James Burgio, 33 anni, di Porto Empedocle; Pietro Capraro, 39 anni, di Agrigento (alla quinta cattura in 8 mesi); Salvatore Carlino, 35 anni, di San Cataldo; Gaetano Licata, 41 anni, di Agrigento e Alessandro Calogero Trupia, 36 anni, di Agrigento. Gli altri fermati: Antonio Crapa, 54 anni, di Favara; Stefano Fragapane, 33 anni, di Agrigento; Vincenzo Iacono, 48 anni, di Agrigento; Salvatore Lombardo, 37 anni, di Agrigento; Agostino Marrali, 28 anni, di Palermo, residente a Porto Empedocle; Salvatore Prestia, 44 anni, di Porto Empedocle; Simone Sciortino, 23 anni, di Agrigento e Cristian Terrana, 32 anni, di Agrigento.
Sono accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzato al traffico di stupefacenti aggravato dal metodo mafioso, tentata estorsione, danneggiamento a seguito di incendio, porto e detenzione di arma sempre aggravati dal metodo mafioso. Il gip di Caltanissetta, Santi Bologna, non ha convalidato l’arresto, ma ha comunque emesso l’ordinanza cautelare in carcere per Simone Sciortino. L’indagato, difeso dall’avvocato Teres’Alba Raguccia, nel corso dell’interrogatorio si era avvalso della facoltà di non rispondere, così come tutti gli altri fermati.
Nel corso delle perquisizioni i militari dell’Arma hanno scovato e sequestrato un fucile mitragliatore Kalashnikov, completo di due caricatori, oltre 8.000 munizioni di vari calibri, 16 panetti di hashish, oltre 40.000 euro in contanti e un giubbetto antiproiettile. L’inchiesta ha delineato il ruolo di primo piano James Burgio, vicino al boss Antonio Massimino. Dalla cella avrebbe diretto un traffico di droga e dato indicazioni su attentati, giri di armi e altre dinamiche legate all’associazione. Sarebbe nato un unico gruppo sull’asse Porto Empedocle-Villaseta in grado di trafficare ingenti quantitativi di stupefacenti, detenere una cassa comune ed emettere “sentenze” nei confronti di debitori o pusher che agivano senza “autorizzazione”. Un gruppo criminale pronto anche ad uccidere.
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