AGRIGENTO. Anche il Libero consorzio provinciale ha “aderito” all’appello della Prefettura per l’assegnazione dei beni confiscati alla mafia per utilizzarli a fini istituzionali.
Sono in tutto tre gli immobili che saranno acquisiti al patrimonio dell’ente: si tratta di un magazzino – locale di deposito di 505 metri quadrati in contrada San Giusippuzzu, via Venezuela, civico 27 piano terra, da destinare ad archivio dell’ex Provincia; poi di un locale di deposito di 366 mq al Villaggio Mosè, via Leonardo Sciascia, civico 296 piano terra e dell’attiguo magazzino di 290 mq che si affaccia sulla statale 115 Occidentale – Sud da destinare a deposito di materiali ed attrezzature e ricovero di macchinari in uso alla Viabilità provinciale.
In totale sono 363 (ma 253 disponibili) gli immobili ed i terreni che l’Agenzia nazionale per i beni confiscati alla criminalità intende assegnare in provincia di Agrigento. La fetta più “grossa” andrà al Comune di Licata che, si stima, abbia 117 immobili, tra terreni e appartamenti, confiscati alla mafia che andranno ad arricchire il patrimonio indisponibile dell’ente. Strutture che potranno essere poi utilizzate per finalità istituzionali (ad esempio, per emergenza abitativa, parcheggi, scuole, sede uffici comunali, canili) o scopi sociali (aree destinate a verde pubblico, centro per attività sportive, centro per minori, per tossicodipendenti, per anziani, parco giochi, sede di associazioni)”. “Negli ultimi tre anni – secondo le informazioni in possesso dell’associazione A testa alta, spiega il presidente Antonino Catania – i beni definitivamente confiscati alla criminalità organizzata nel territorio di Licata sono aumentati in modo vertiginoso, passando da 12 a 129. A questo “tesoretto”, che attende di essere restituito alla cittadinanza, devono aggiungersi 9 aziende anch’esse oggetto di provvedimenti ablatori devolute al patrimonio dello Stato e che potrebbero essere destinate alla vendita, all’affitto a società, imprese pubbliche o private ovvero concesse, a titolo gratuito, a cooperative di lavoratori; i dati dimostrano, però, che un’ampia percentuale delle aziende confiscate ha come destinazione finale la liquidazione”.