Nostra intervista ad Attilio Bolzoni, ad Agrigento per presentare il libro “Imperi criminali”
Il giornalista e scrittore nisseno è intervenuto al caffè letterario promosso dalla questura della città dei templi.
Attilio Bolzoni (FOTO) è stato ad Agrigento per presentare il numero 2 della collana di libri della casa editrice Melampo, tratti dagli articoli di vari autori del blog online su Repubblica. Questa volta il tema è quello dei patrimoni in mano alla criminalità e la gestione degli stessi beni, una volta confiscati.
Abbiamo intervistato Attilio Bolzoni al centro balneare della Polizia di Stato, dopo l’incontro con gli studenti e gli insegnanti del Professionale Nicolò Gallo.
Di Cosa parla il libro che hai presentato a questi ragazzi delle superiori di Agrigento?
Parla nella prima parte della capacità repressiva dello Stato che individua un sacco di beni strappandoli alle organizzazioni mafiose italiane, mentre nella seconda parte del testo si parla dell’incapacità totale dello stesso Stato nel gestire questo patrimonio. Tanto bravo nella fase repressiva, tanto incapace di programmare la gestione di questi beni definitivamente confiscati. Un patrimonio che oggi ammonta a 30 miliardi di euro, quasi una finanziaria.
Il numero 1 di questa collana dal titolo “La mafia dopo le stragi” è stato un successo?
Sì abbastanza, stanno stampando la terza edizione. E’ un’antologia, non un best seller, ma si sta vendendo. Un’operazione a lungo respiro, perché i volumi alla fine saranno 6. Il primo è stato “La mafia dopo le stragi”, il secondo appena pubblicato è “Imperi criminali”, il terzo parlerà di “Giornalisti in terra di mafia”, il quarto “Le mafie al Nord”, il quinto “Le mafie nel Lazio”, infine il sesto tratterà il tema di “Come parlano le mafie in tempo di pace”. Quest’ultimo argomento parla di come le mafie si muovono e si infiltrano quando non sparano.
Nei giorni scorsi c’è stata la sentenza di condanna che ha accertato, almeno in primo grado, la trattativa Stato-Mafia. Cosa cambia dopo questa sentenza nella storia italiana?
Non è una sentenza storica, è una sentenza clamorosa, importante, di segno completamente diverso rispetto altre tre o quattro sentenze precedenti, su rapporti di pezzi dello Stato che scendono a patti con la fazione corleonese della mafia. Io credo che aldilà della sentenza ultima della magistratura palermitana, l’importante è conoscere i fatti. “Ogni testa è un tribunale” si dice in siciliano.
Ci sono giudici che hanno deciso diversamente, ma i fatti affiorati sono molto inquietanti. Detto ciò non mi piace il clima di stadio che si sta creando per una sentenza o per un’altra che assolvano o condannino, perché mi piacere ragionare e questo clima di stadio dell’associazioni antimafia, in un senso o nell’altro è molesto.
Basta conoscere la nostra storia, la storia d’Italia per capire che pezzi dello stato italiano hanno sempre trattato. Se poi questa è materia da trascinare in tribunale, ci saranno i giudici, a me basta la consapevolezza che le cose siano andate così.
Calogero Conigliaro
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