Sì, una nuova ipotesi forse pastoralmente utile anche in terra agrigentina per il prossimo futuro. Questo vogliamo dirlo proprio adesso, a margine dei recenti avvicendamenti ormai decisi dall’Arcivescovo don Alessandro Damiano per il nuovo anno pastorale 2023-2024. Avvicendamenti quest’anno pubblicati in due distinti decreti, il primo all’inizio di luglio ed il secondo sul finire di agosto.
In tutto poco più di una decina, dei quali uno dei più significativi quello dell’avvicendamento nell’arcipretura di Favara ed un altro che – a nostro giudizio – è quello che riguarda la nomina di un unico Parroco –arciprete per due Comuni diversi, Burgio e Villafranca Sicula.
Precisamente si tratta di Don Davide La Corte che mantenendo il servizio di parroco dell’U.P. Sant’Antonio Abate – B.M.V. del Carmelo di Burgio, è stato anche adesso nominatoparroco della parrocchia B.M.V. della Catena di Villafranca Sicula.
Sì, parroco- arciprete, per come si è sempre usato dire, ed ancora si usa, anche in questi piccoli paesi, dove ogni comune è formato anche solo da due o tremila abitanti… ….
Sugli avvicendamenti in generale, anzitutto dobbiamo rilevare che, sicuramente è venuto da osservare da parte di non pochi, che siamo ben lontani da quanto è avvenuto in genere, nel decennio pastorale 2010-2020 con l’arcivescovo Card. don Franco Montenegro; quando nell’insieme, il numero degli avvicendamenti era decisamente superiore, quasi sempre da trenta a quaranta, con tutti i problemi connessi, che comunque, anche se talvolta gradualmente e con una certa difficoltà, venivano comunque, superati. Mai comunque, sino ad ora, era avvenuta una fusione pastorale di due Comuni diversi, -anche se geograficamente non molto distanti-, assegnati alla cura pastorale di un unico Parroco-arciprete.
Una soluzione questa che, per gli ovvi motivi che tutti comprendiamo, legata cioè alla diminuzione dei presbiteri, forse o sicuramente dovrà adottarsi negli anni-avvenire.
Ed ecco allora l’ipotesi che si prospetta per il prossimo futuro, come viene da pensare leggendo qualche rivista di pastorale.
L’ipotesi è quella di una maggiore valorizzazione del diaconato nella sua forma stabile o permanente.
E riportando quasi alla lettera quanto leggo si sottolinea anzitutto che il diaconato non è in sostituzione del presbitero e pertanto non supplisce a nessuno. Perché Presbiterato e diaconato sono due ministeri ordinati completamente diversi per vocazione e ministero, che tuttavia condividono il sacerdozio col Vescovo che del sacramento dell’Ordine ha la pienezza: condividono con compiti diversi.
Si tiene cioè oggi a sottolineare da parte di esperti, che il ministero del diacono, voluto come sacramento dal Signore, ha pure il compito di ricordare al Vescovo e al Presbitero, che sono a servizio di una Chiesa e non viceversa; il diaconato è cioè un ministero liquido che si adatta a tutte le situazioni in cui il diacono – sposato o no – è inviato dal vescovo . Il suo compito è di rendere presente il Signore che si è fatto servo; che è venuto per servire, che sta in mezzo a noi come colui che serve, ed il diacono lo fa partecipando pienamente dei Tria Munera che sono propri del Vescovo ossia il compito dell’annuncio ( Munus Docendi LG 25), della liturgia ( Munus Sanctificandi LG 26) e della guida ( Munus Regendi LG 27).
Il diacono perciò – (si vuole dire, specie nell’attuale contesto) – è in grado di guidare una parrocchia rimasta senza presbitero; servire una parrocchia non come sostituto del presbitero, ma con il ministero che gli è proprio, declericalizzando, specie se sposato, non poco tutta la struttura parrocchiale, trasformandola in una diaconia.
E nelle Linee-guida pubblicate dalla Cei sul Cammino sinodale si evidenzia che “va approfondita» questa “possibilità”, specie per “l’amministrazione di parrocchie prive di parroco residente”.