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Home » Cronaca » Ammazzato nella sua casa di campagna: rito abbreviato per due imputati

Ammazzato nella sua casa di campagna: rito abbreviato per due imputati

7 Settembre 2021
in Cronaca, dalla provincia
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Hanno scelto il giudizio abbreviato due, dei tre, imputati dell’omicidio del pensionato di Raffadali, Pasquale Mangione, ucciso in contrada “Modaccamo”, nelle campagne fra Raffadali e Cianciana il 2 dicembre del 2011, con diversi colpi di pistola. Si tratta di Antonino Mangione, 40 anni, e Angelo D’Antona, 36 anni, entrambi di Raffadali. Il terzo imputato, Roberto Lampasona, 44 anni, di Santa Elisabetta, per un errore legato alle notifiche, nei prossimi giorni doveva essere scarcerato per decorrenza dei termini. Resta comunque in cella per scontare una precedente condanna per droga. Il Gup del Tribunale di Agrigento, Stefano Zammuto ha fissato la requisitoria per il 30 novembre.

A ricostruire l’omicidio, facendo il nome di D’Antona, e di Lampasona, è stato Antonino Mangione, divenuto collaborante, anche nell’ambito della maxi inchiesta “Kerkent”. Le sue dichiarazioni avrebbero trovato riscontro durante le indagini, dirette dal vicequestore Giovanni Minardi, e dalla sua vice Geneviève Di Natale. Nel corso della conferenza stampa il capo della Mobile agrigentina aveva fornito i particolari dell’inchiesta: “Abbiamo raccolto delle prove, che ci hanno permesso di ottenere risultati rilevanti. C’è stata una prima attività fatta nel 2011, poi una prima svolta lo scorso anno, dopo alcune dichiarazioni raccolte (quelle di Antonino Mangione), il proseguo delle indagini è stato sviluppato con attività tecniche e riscontri oggettivi”.

Fra gli imputati non compare uno dei figli della vittima, inizialmente accusato di essere stato il mandante. Secondo la ricostruzione, il movente del delitto sarebbe da individuare nel comportamento della vittima, che esponeva se’ stesso e la sua famiglia al pubblico ludibrio. Avrebbe disturbato e molestato diverse donne. Mangione aveva raccontato: “Ho chiesto l’autorizzazione a Francesco Fragapane, il boss di Santa Elisabetta, che mi disse che la vittima non apparteneva a Cosa Nostra e che potevamo fare quello che volevamo”. A commettere materialmente l’omicidio, secondo il racconto di Mangione, sarebbero stati Lampasona e D’Antona.

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