L’Akragas non c’è più. La squadra crolla ancora una volta all’Esseneto, sconfitta dalla Nuova Igea Virtus con due reti nel primo tempo, ma il vero fallimento non è solo in campo. Fuori, sugli spalti, l’ambiente è rovente: prima, durante e dopo la partita, i tifosi hanno contestato duramente la società, chiedendo a gran voce un passo indietro e la cessione del club al sindaco. Una protesta chiara, che fotografa il clima di sfiducia totale attorno a una gestione che sembra ormai arrivata al capolinea.
LA PARTITA: SOLITA FRAGILITÀ, SOLITE AMNESIE
Il copione è lo stesso di sempre: ritmo basso, poco coraggio e squadre che si studiano senza affondare. Al 21’ la difesa dell’Akragas si scioglie come neve al sole, permettendo a Calafiore di segnare dopo un lungo rilancio di Ferrante. Un gol che grida vendetta per la sua semplicità. Nemmeno il tempo di riorganizzarsi che, due minuti dopo, Gambino trova il raddoppio con un destro da fuori area che batte Dregan.
L’Akragas, ancora una volta, dimostra di non avere né idee né carattere. Qualche timido tentativo arriva nel finale di primo tempo, ma l’unico squillo è il tiro alto di Meola al 42’. Troppo poco, troppo tardi.
SOCIETÀ NEL MIRINO: IL PUBBLICO DICE BASTA
Ma il dramma sportivo va oltre il campo. Da giorni la piazza è esasperata e la partita contro la Nuova Igea ha scoperchiato definitivamente il vaso di Pandora. La tifoseria, stanca di promesse mai mantenute e di una gestione senza prospettive, ha contestato apertamente la dirigenza, chiedendo che il club venga ceduto al sindaco per trovare nuovi acquirenti.
Da mesi si parla più di bilanci che di calcio, più di possibili investitori che di risultati. E intanto, sul campo, l’Akragas affonda senza un segnale di reazione. La classifica è preoccupante, ma ancora più allarmante è il clima di rassegnazione che avvolge squadra e ambiente. Senza una svolta immediata, tecnica e societaria, il rischio di un tracollo definitivo è più concreto che mai.
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