Ad Agrigento il monaco camaldolese : Guido Innocenzo Gargano


Ad Agrigento il monaco camaldolese Guido Innocenzo GARGANO

 

Una figura abbastanza nota nel panorama teologico italiano ma non solo,  per le sue innumerevoli pubblicazioni di carattere dogmatico-spirituale  e di esegesi biblica.

Docente  di teologia patristica al Pontificio Istituto Orientale e  di Spiritualità monastica antica presso il Pontificio Ateneo Anselmiano,   biblista e patrologo di chiara fama,  P. Guido Innocenzo Gargano è un  monaco benedettino-camaldolese, già priore del monastero romano di San Gregorio al Celio, consultore di diversi dicasteri vaticani ed esperto di dialogo interreligioso.  Nel 1980  ha fondato i Colloqui Ebraico-cristiani di Camaldoli e ha diretto per vent’anni il trimestrale Vita Monastica.

Dopo aver predicato a Linguaglossa sull’Etna,  un Corso di Esercizi Spirituali ad un gruppo di presbiteri agrigentini nell’ultima decade di settembre, in questi ultimi giorni, invitato dal nostro arcivescovo  Card. don Franco   è ritornato ad Agrigento per una serie di incontri di carattere biblico-pastorale e per una giornata  di ritiro spirituale per tutto il clero agrigentino, nei locali del Seminario di Piazza don Minzoni.

Sarebbe lungo elencare tutte  le sue opere.  Tra le più recenti, per le Edizioni San Paolo ha pubblicato: La lectio divina nella vita dei credenti (2008);Il sapore dei Padri della Chiesa nell’esegesi biblica. Introduzione a una lettura sapienziale della Scrittura (2009);  Il formarsi dell’identità cristiana. L’esegesi biblica dei primi Padri della Chiesa (2010); Clemente e Origene nella Chiesa cristiana alessandrina. Estraneità, dialogo o inculturazione  ? (2011);  Sant’Agostino e la Bibbia. Un vescovo legge, studia, vive, spiega le Scritture (2011).

Forse la  più recente pubblicazione a carattere  largamente popolare e divulgativo, in occasione di questo  particolare Anno Santo che ormai si avvia alla conclusione,  è per le edizioni della Cittadella editrice di Assisi, “Alla luce della misericordia”.

Si tratta di una lunga intervista concessa a Salvatore Tomai,  dove P. Innocenzo non sfugge alle domande su argomenti di più scottante attualità. Dai  temi del Giubileo e delle varie, discutibili  forme penitenziali nel corso dei tempi, ai temi della famiglia, della giustizia, della  libertà e della verità, sempre nell’ottica di confrontarsi con le sfide più impegnative di oggi e sapere scrutare i segni dei tempi.

Per quanto riguarda per esempio i problemi dell’educazione e formazione delle nuove generazioni, osserva che oggi “fin dall’asilo” si educa all’auto-affermazione, ad essere i primi. E questo “alla fine educa la persona a pensare solo a se stessa ed ai propri progressi”.

Positivo il suo giudizio sul dialogo con gli estremisti islamici, mentre per quanto riguarda il fenomeno di Charlie Hebdo fa notare che ci si trova davanti a due estremismi, da una parte la “laicité” e dall’altra i diritti della religione islamica. E dice testualmente: “ Se tu escludi Dio, ironizzando su di Lui un giorno sì e l’altro anche, nascosto dietro lo scudo della libertà, è chiaro che chi crede fermamente in Dio, escludendo che ci sia libertà ad oltranza, tenderà ad escludere anche te, appena avrà la forza di farlo”.

 Credo che bastino solo questi due esempi per capire il suo pensiero che apre sempre  piste illuminanti  di riflessione, così come  nel recente ritiro diocesano del Clero Agrigentino, di quest’ultimi venerdì di ottobre.

Ha invitato a riflettere sul valore sacro dell’ubbidienza, in cui nello sforzo di storicizzare sempre il mistero trinitario, del rapporto paritario tra le identità uguali ma  diverse di Padre e Figlio,  deve  finire per non esserci  più, nella concreta prassi ecclesiale,  un “superiore” ed un “inferiore”.

E ciò  per realizzare un condiviso piano di Dio, con la conseguente  fatica di scoprirlo, in sintonia comunionale.  Una meta molto elevata ed  impegnativa,  anche e forse soprattutto per il Superiore, le cui disposizioni non devono mai  essere né apparire frutto di convenienze e  calcoli umani. 

Come è facile notare,  una visione chiaramente diversa ed innovativa, rispetto alla famosa e tradizionale concezione gesuitica dell’ubbidienza  “perinde ac cadaver”.

Ricordiamo che Sant’Ignazio di Loyola ( 1491-1556) pretese per gli appartenenti all’ordine religioso da lui fondato, quello della Compagnia di Gesù, un’obbedienza totale, senza discutere. Nelle Costituzioni, scrive che il  gesuita: “come se fosse un corpo morto (“perinde ac cadaver”),  dal Superiore  “si fa portare dovunque”.

 Diego Acquisto