Presidente, quali strumenti può mettere in campo Confcommercio per sostenere le imprese del commercio tradizionale?
«Confcommercio ha un grande plus rispetto a tante altre associazioni: la capillarità e la presenza su tutto il territorio nazionale. Operiamo attraverso le delegazioni locali e le federazioni di categoria, che intercettano in modo mirato i bisogni dei singoli settori. Diamo supporto sull’accesso al credito, sulla formazione, sulla normativa nazionale ed europea. Oggi fare impresa da soli è sempre più difficile, per questo le nostre strutture territoriali rappresentano un punto di riferimento fondamentale per gli imprenditori».
Con la costituzione di FIDA Agrigento si apre un nuovo capitolo per il commercio alimentare locale. Quali obiettivi concreti vi ponete nei primi mesi di attività?
«Il settore alimentare è stato a lungo considerato “maturo”, quasi destinato a scomparire. Si diceva che le botteghe avrebbero chiuso, ma non è così. Oggi è evidente che il presidio dei negozi alimentari è essenziale, soprattutto in una società che invecchia e ha bisogno di servizi di prossimità e di qualità. Il nostro obiettivo è aiutare gli imprenditori a restare sul mercato, nonostante le difficoltà dovute alla concorrenza della grande distribuzione e ai margini di redditività molto bassi. Fare impresa nel settore alimentare non è semplice: bisogna imparare a gestire i costi, pianificare, e avere strumenti per affrontare un mercato complesso».
In un momento storico in cui la grande distribuzione è sempre più forte, come può il dettaglio alimentare restare competitivo?
«Innanzitutto chiarisco che FIDA rappresenta sia il dettaglio tradizionale sia la distribuzione organizzata. Ci sono realtà che possono trovare forza proprio unendo la propria identità al know-how dei grandi gruppi, ma se si decide di restare indipendenti bisogna differenziarsi, non imitare i supermercati. Non si può fare l’ipermercato in 200 metri: bisogna puntare su specializzazione di prodotto, servizio e relazione con il cliente.
Per questo FIDA ha sviluppato strumenti come i nostri volumi “Le Bussole”, manuali pratici per aiutare gli imprenditori a comprendere meglio il mercato, il posizionamento e le aspettative dei consumatori».
Negli ultimi anni il modo di fare la spesa è cambiato: più attenzione al prezzo, ma anche alla provenienza e alla sostenibilità. Come risponde FIDA a queste nuove esigenze?
«Quando c’è un imprenditore illuminato dietro al bancone, questi valori fanno parte del suo DNA. I nostri negozianti conoscono i propri clienti, raccontano il prodotto, non lo vendono soltanto. E questa è la vera differenza. Durante momenti di cambiamento come il passaggio dalla lira all’euro o il periodo del Covid, i consumatori si sono fidati di noi: siamo persone dietro un banco, ci mettiamo la faccia e conosciamo persino i gusti delle famiglie dei nostri clienti.
Questa umanità è il valore aggiunto che nessuna grande catena potrà mai replicare».
La Sicilia sta riscoprendo i suoi prodotti di qualità — dai formaggi ai panettoni, fino alla carne e al latte — ma resta il divario infrastrutturale con il Nord. Cosa può fare Confcommercio per ridurre questa distanza?
«Il tema delle infrastrutture è antico, se ne parla da anni e il PNRR aveva promesso un’accelerazione, ma il gap resta evidente. Fare impresa in Sicilia è più difficile che in Emilia-Romagna, e questo è un dato di fatto.
Noi, come Confcommercio nazionale, continuiamo a portare in ogni tavolo istituzionale il tema della “doppia velocità dell’Italia”: il Paese potrà crescere davvero solo se viaggerà alla stessa velocità da Nord a Sud. Ma serve anche che i siciliani credano di più nelle proprie potenzialità. Ho lavorato a lungo in Sicilia, anche come commissario a Siracusa, e l’ho visto: molte città hanno le carte in regola per diventare regine, ma non devono sentirsi più Cenerentole».
Lei gira molto l’Italia per lavoro. Che impressione le ha fatto la realtà commerciale di Agrigento?
«Devo dire che ho trovato una bellissima realtà. L’assemblea di Agrigento è stata partecipata, la sala era piena. E non è scontato: convincere gli imprenditori a togliere tempo alle proprie aziende e alle famiglie per fare associazione è difficile. Quando accade, vuol dire che si è capito che associarsi non è tempo perso, ma tempo investito. E questa è la missione più importante che deve avere Confcommercio.
Ad Agrigento, questo spirito l’ho trovato».

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