Una ditta con sede a Favara, raggiunta da un’interdittiva antimafia, potrà continuare i lavori oggetto della gara di appalto, che gli erano stati aggiudicati (e poi revocati) dal Comune di Castel di Iudica, nel Catanese. Lo ha deciso il Consiglio di giustizia amministrativa. La società favarese operante dal 2021 nel settore dei lavori pubblici a seguito di alcune indagini svolte dalla Prefettura di Agrigento sulla criminalità organizzata è stata incisa da una interdittiva antimafia, disposta “a cascata” sulla base di una precedente interdittiva emanata nei confronti della società del padre del titolare, operante anch’essa nel settore dei lavori pubblici. Dopo questo provvedimento, il Comune di Castel Di Iudica ha disposto la revoca in autotutela dell’aggiudicazione dell’appalto dei lavori di rigenerazione urbana per il miglioramento del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale del centro storico.
La ditta favarese, ritenendo illegittimi la revoca dell’aggiudicazione dell’appalto e il provvedimento interdittivo emanato della Prefettura di Agrigento, ha impugnato l’interdittiva innanzi al giudice amministrativo. L’efficacia di tali provvedimenti è stata sospesa con ordinanza cautelare dal Cga nel 2024. Furono accolte le tesi difensive sostenute dagli avvocati Girolamo Rubino e Massimiliano Valenza che avevano evidenziato l’illegittimità del provvedimento interdittivo disposto dalla Prefettura di Agrigento “per omesso o insufficiente esame delle osservazioni procedimentali, nella parte in cui non era stata valutata la possibilità di applicazione della misura meno afflittiva della collaborazione preventiva”.
Nonostante la pronuncia favorevole del Cga, nella successiva sede della trattazione del merito il Tar Sicilia ha respinto il ricorso proposto dalla società. La società si è quindi appellata. I difensori della società appellante hanno censurato in giudizio la mancata valutazione e applicabilità della misura di prevenzione collaborativa da parte della Prefettura di Agrigento, precisando che “l’applicazione della misura meno afflittiva della collaborazione preventiva avrebbe dovuto considerarsi ed essere vagliata dalla Prefettura come una opzione preferenziale rispetto all’interdittiva, in quanto il tentativo di infiltrazione era stato dedotto a ‘a cascata’ rispetto ad altre vicende”. Condividendo le tesi difensive sostenute dagli avvocati Rubino e Valenza, il Cga ha accolto l’istanza cautelare proposta dalla società appellante ed ha quindi sospeso l’esecutività della sentenza di primo grado resa dal Tar- Palermo e dei provvedimenti impugnati in prime cure.
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