Il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Agrigento, Giuseppa Zampino, ha condannato i due imputati, accusati di omicidio come reato non voluto e tentato omicidio in concorso, al processo con il rito abbreviato nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Roberto Di Falco, il 38enne di Palma di Montechiaro, rimasto ucciso a conclusione di una sparatoria avvenuta nel piazzale di una rivendita di auto al Villaggio Mose’. Inflitti 14 anni e 4 mesi di reclusione a Calogero Zarbo, 42 anni e 13 anni e 3 mesi a Domenico Avanzato, 38 anni, entrambi di Palma di Montechiaro come la vittima. Il fratello Angelo Di Falco, 40 anni è stato rinviato a giudizio e sarà processato a parte.
Il pubblico ministero Gaspare Bentivegna, al termine della requisitoria, aveva chiesto la condanna a dodici anni e otto mesi per Avanzato e a tredici anni e quattro mesi per Zarbo. Gli imputati dovranno pure risarcire la presunta vittima del tentato omicidio che si è costituita parte civile. La vicenda risale al febbraio dell’anno scorso. Calogero Zarbo, attualmente agli arresti domiciliari con l’applicazione del braccialetto elettronico, nei mesi scorsi ha parzialmente collaborato con gli inquirenti facendo ritrovare la pistola semiautomatica ritenuta l’arma del delitto. Secondo il magistrato della Procura di Agrigento fu la conseguenza di un “omicidio per errore”.
La ricostruzione dell’episodio e’ particolarmente complessa ma Procura, Gip e Tribunale del Riesame sono d’accordo su un punto centrale: Roberto Di Falco e’ stato ucciso dopo che il commerciante di auto, che lo avrebbe truffato facendo degli acquisti con degli assegni scoperti, aveva reagito a un brutale pestaggio da parte dello stesso Di Falco, del fratello e di due amici che sarebbero partiti da Palma col proposito di pestarlo e, parrebbe, ucciderlo a colpi di pistola. Il rivenditore di auto, vittima del pestaggio, quando avrebbe visto spuntare la pistola, con una mossa fulminea l’avrebbe spostata deviando il colpe sull’addome di Roberto Di Falco.
Secondo la Procura ma anche per il gip Giuseppe Miceli, che ha firmato l’ordinanza cautelare, si sarebbe trattato di “omicidio per errore”. Il Tribunale del Riesame, pero’, ha riqualificato il reato diversamente sul piano giuridico. La spedizione punitiva finita male, in sostanza, si sarebbe conclusa con un omicidio da parte del commerciante che, pero’, non sarebbe punibile in quanto avrebbe agito per legittima difesa.
I giudici, tuttavia, hanno confermato la custodia cautelare in carcere per tutti per l’accusa di tentato omicidio ai danni del figlio del titolare della rivendita di auto, al quale Angelo Di Falco avrebbe provato a sparare dopo che il fratello era caduto per terra in seguito al colpo ricevuto, e per quella di detenzione illegale di arma. La vittima designata, in questo caso, si sarebbe salvata per l’inceppamento dell’arma. La difesa degli imputati ha sempre sostenuto che i quattro palmesi siano andati a Villaggio Mosè per picchiare il titolare e le immagini della video sorveglianza lo mostrano con chiarezza, e che lo stesso abbia tirato fuori la pistola, e abbia fatto fuoco, uccidendo Roberto Di Falco.
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