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Home » Chiesa » Montenegro, il cardinale della porta accanto: da Agrigento al Conclave, voce degli ultimi

Montenegro, il cardinale della porta accanto: da Agrigento al Conclave, voce degli ultimi

Domenico Vecchio Di Domenico Vecchio
23 Aprile 2025
in Chiesa
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Agrigento – La sua voce si è sempre alzata per chi non ne aveva una. Francesco Montenegro, già arcivescovo di Agrigento e poi cardinale, è tra le figure più riconoscibili della Chiesa italiana degli ultimi decenni. Un pastore mite, ma deciso, che ha fatto dell’accoglienza il cuore del proprio ministero. Oggi, il suo nome risuona nel Conclave che sceglierà il nuovo Papa, come testimone autorevole di una Chiesa che sceglie di stare accanto ai poveri, ai migranti, ai fragili.

Nato a Messina nel 1946, Montenegro ha vissuto ad Agrigento una delle stagioni più intense e significative della sua missione pastorale. Nominato arcivescovo della città dei Templi nel 2008, vi ha servito fino al 2021 con uno stile sobrio, ma fermo. L’Agrigento che guidò fu anche quella di Lampedusa, dei barconi carichi di speranze, delle tragedie del mare. E proprio in quelle tragedie, il cardinale scorse il volto di Cristo.

Fu lui ad accogliere Papa Francesco durante la storica visita a Lampedusa, nel luglio del 2013. Una tappa che segnò l’inizio simbolico di un pontificato costruito sui gesti prima ancora che sulle parole. «Quella visita fu un terremoto dell’anima – raccontò in più occasioni –. La sua elezione fu una meraviglia che si è fatta concretezza».

Nel Concistoro del 2015, Francesco lo creò cardinale, riconoscendogli il valore di un ministero fatto di vicinanza e passione per l’umanità scartata. Ma Montenegro non ha mai smesso di sentirsi “prete di periferia”. Anche oggi, in Conclave, porta con sé non solo la sua esperienza, ma quella di un intero territorio che ha vissuto la crisi migratoria con dignità e compassione.

Sempre pronto a difendere i più deboli, ha parlato apertamente contro le leggi disumane, ha denunciato l’indifferenza, ha invocato ponti al posto di muri. E ha formato una generazione di fedeli e sacerdoti nel segno dell’accoglienza evangelica.

Per Agrigento, il suo nome è un simbolo. Un testimone silenzioso di una Chiesa che non teme di sporcarsi le mani. E anche se oggi non rientra tra i “papabili”, la sua presenza in Conclave è la prova che i semi gettati in terra siciliana hanno portato frutto.

Perché, come ripete spesso, “il Vangelo o si vive per davvero o è solo carta stampata”. E Montenegro, da sempre, ha scelto di viverlo fino in fondo.

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