In scena Giorgio Marchesi, per un adattamento che valorizza la modernità del testo di Pirandello
Un nuovo “sold out” al Palacongressi di Agrigento. Dopo lo straordinario successo dello spettacolo “Grease” e per “Oliva Denaro”, sono esauriti anche i biglietti per il “Fu Mattia Pascal” di Giorgio Marchesi, che andrà in scena stasera alle 20.30 nel contesto della rassegna “Riflessi culturali”, promossa dal Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi e con la direzione artistica di Gaetano Aronica.
Lo spettacolo, tratto ovviamente dal romanzo di Luigi Pirandello, ha la regia di Giorgio Marchesi e Simonetta Solder e le musiche (eseguite dal vivo) di Raffaele Toninelli.
“’Posso dire che da allora ho fatto il gusto a ridere di tutte le mie sciagure e di ogni mio tormento’. Leggendo queste parole che Pirandello stesso fa dire al suo protagonista – spiegano gli autori -, da subito abbiamo pensato di raccontare le vicende di Mattia Pascal sottolineando l’ironia presente nel testo, sperimentando un linguaggio che potesse essere accessibile a tutti, anche e soprattutto alle nuove generazioni, affinché la ‘pesantezza’ che spesso viene erroneamente associata ad alcuni capolavori letterari possa essere smentita da un racconto energico e divertito di un ‘caso davvero strano’”.
Insieme a Raffaele Toninelli e alla sua creatività musicale, sulla scena si darà vita a un’atmosfera non realistica, con il testo che verrà presentato nella sua modernità. Tra i temi, centrale il rapporto con la propria identità (divenute multiple nell’epoca dei social), ma anche la rinascita, dopo lo sconvolgimento delle nostre vite negli ultimi anni.
“Pascal – continuano gli autori – sembra chiedere quindi non solo un’altra possibilità, come spesso sogniamo tutti, magari di ricominciare da capo o di correggere gli errori del passato. Vuole proprio abitare un’altra persona, nuova, diversa, sconosciuta. Da queste due frasi, da questi due spunti è nata l’idea di raccontare la storia di Mattia Pascal e Adriano Meis con libertà e ironia, non prendendolo troppo sul serio, o meglio, permettendoci di giocare con lui, pur lasciando intatto lo stile e il linguaggio originali. Perché un testo, anche se un classico, rimane un pretesto per comunicare col pubblico. E visto il periodo… meglio farlo con leggerezza”.
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