C’è una spiaggia, il mare, un bambino che gioca sulla sabbia con una conchiglia. Ma in questa scena apparentemente spensierata si nasconde un’amara realtà: la conchiglia non restituisce il suono del mare, bensì quello delle esplosioni. Sullo sfondo, una madre rilassata, ignara o indifferente. Davanti, una scritta che pesa come un macigno: “Lido di Gaza”.
L’ultima vignetta di Sergio Criminisi, realizzata con il suo consueto tratto inconfondibile, ha una particolarità: non fa ridere. Ed è proprio questo il punto. L’artista, noto per il suo umorismo graffiante, questa volta ha scelto una strada diversa, più amara, più cruda, lasciando da parte la satira per spingere lo spettatore alla riflessione.
L’abitudine ai telegiornali e l’orrore normalizzato
Criminisi stesso racconta di avere una “bruttissima abitudine”: guardare il telegiornale al mattino. Ogni giorno, come tanti di noi, ascolta le notizie su Gaza, sulle “soluzioni” proposte per quello che viene definito un “problema”. E ogni giorno sente di voler reagire, di voler dire qualcosa, di non restare in silenzio davanti alla strage di civili, di bambini innocenti che perdono la vita sotto le bombe mentre la politica discute, litiga, ma non ferma la carneficina.
Da qui nasce la vignetta: un pugno nello stomaco, un’illustrazione che, pur senza scene esplicite, lascia intravedere l’orrore della guerra. I dettagli sono inquietanti: i teschi nella sabbia, il contrasto tra la normalità di una giornata al mare e il dramma che il bambino sta vivendo.
L’arte che scuote le coscienze
In un mondo in cui le immagini di guerra scorrono davanti ai nostri occhi ogni giorno, rischiamo di abituarci alla sofferenza altrui. La vignetta di Criminisi ci costringe a fermarci, a guardare, a capire che quelle esplosioni non sono un rumore di sottofondo, ma la realtà quotidiana di chi vive sotto le bombe.
L’artista avrebbe potuto disegnare qualcosa di ancora più duro, lo ammette lui stesso. Ma ha scelto questa forma di denuncia, più sottile ma altrettanto potente. Il suo messaggio è chiaro: basta morti innocenti, basta guerra, basta indifferenza.
Un semplice disegno può cambiare le cose? Forse no. Ma può accendere una scintilla, può far nascere una domanda, può spingere qualcuno a guardare oltre i titoli dei telegiornali. E, in tempi come questi, anche una minima riflessione è già un primo passo verso il cambiamento.
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