L’incendio appiccato al deposito di stoccaggio rifiuti della ditta “Omnia” in contrada “Bugiades” a Licata, con i carabinieri del reparto operativo e del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Agrigento, guidati dal tenente colonnello Vincenzo Bulla, che hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 3 dei 14 indagati. Su richiesta della Procura di Agrigento, il gip Micaela Raimondo ha disposto la custodia cautelare in carcere per Cristoforo Famà, 41 anni, di Licata e Carmelo D’Antona, 39 anni, di Ravanusa. Devono rispondere di incendio doloso e inquinamento ambientale. “Nessuna collaborazione è pervenuta dai titolari dell’impianto”, scrive la Procura.
Le indagini dei carabinieri, con l’ausilio di intercettazioni telefoniche e ambientali sono durate 10 mesi e hanno, appunto, “consentito di disegnare uno spaccato di micro e macrocriminalità in un ambito sociale di emarginazione e degrado nel territorio di Licata ma soprattutto dei centri di Ravanusa e Campobello di Licata, con riflessi sui comuni vicini”, ha spiegato il capo dei pubblici ministeri di Agrigento Giovanni Di Leo.
“La estrema pericolosità degli indagati arrestati emerge con assoluta evidenza dal possesso di armi da fuoco, dalla violenza e dal clima di intimidazione nei confronti delle persone offese, dalla occasionalità di alcuni episodi di reato contro il patrimonio che denotano una preoccupante facilità nell’aggressione fisica e nella commissione di reati di rapina, e soprattutto nell’episodio di tentato omicidio con una spranga di ferro ai danni di un cittadino extracomunitario, senza un reale movente”.
“L’autore – prosegue il procuratore Giovanni Di Leo -, già noto agli inquirenti nelle indagini effettuate, per essere anche uno degli autori dell’incendio doloso ai danni della ditta Omnia, si caratterizza per essere una persona di indole estremamente violenta, che agisce in proprio e su mandato di persone in parte non identificate, nella commissione di reati contro il patrimonio e la persona”.
“Concausa di gran parte dei reati commessi – sottolinea il procuratore capo di Agrigento – è il bisogno spasmodico di alcuni degli indagati di approvvigionarsi quotidianamente di sostanza stupefacente di tipo cocaina/crack, da cui sono dipendenti, per cifre che superano i 50 euro al giorno, con la necessità di pagare i debiti contratti e di procurarsi il minimo indispensabile per vivere Senza le intercettazione e senza la continua ed attenta opera di riscontro dei fatti dei carabinieri molti di tali reati non sarebbero neanche emersi, e per alcuni di essi non vi è di fatto denunzia, a riprova di un preoccupante clima di omertà e sfiducia nello Stato”.
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